Circa 500 miliardi di euro entro il 2017. Le cifre del piano di investimenti per le infrastrutture indiane chiamano investimenti.
Grandi opportunità in India. Il fabbisogno stimato fino al 2017 tra strade, autostrade, aeroporti, edifici civili si raggiunge i 495 miliardi di euro, di cui 400 destinati alla e costruzioni civili (300 mila nuovi alloggi) e agli ospedali (900 mila nuovi posti letto).
Per chi investirà in progetti stradali verrà concessa dallo Stato indiano l’esenzione totale delle imposte per cinque anni e per le entrate da pedaggio l’esenzione sfiora i 20 anni. Per le aziende interessate ad investire nei progetti aeroportuali è di 10 anni il periodo esentasse.
In India ogni due anni il Governo stabilisce il contributo che il settore è chiamato a dare alla crescita del Paese e per il biennio 2012-13 l’apporto del settore al Pil è stato del 5,5%. L’edilizia e le costruzioni rappresentano ad ogni modo una fetta importante nella produzione industriale del Paese, circa il 27%.«Per le imprese italiane possono aprirsi spazi in particolare nel settore del calcestruzzo prefabbricato - spiega Cesare Saccani, nella sua doppia veste di vicepresidente della Camera di Commercio italo-indiana e di amministratore della società di certificazione Icmq India - perché è forte la domanda di abitazioni a basso costo e di capannoni industriali».
lunedì 24 giugno 2013
lunedì 17 giugno 2013
I monsoni che spingono l’economia
L’arrivo anticipato delle piogge monsoniche migliora le aspettative della produzione agricola.
Anticipo record quest’anno della stagione monsonica, iniziata la scorsa settimana a New Dehli. Le abbondanti piogge estive, non sono mai state così precoci, come sottolinea lo stesso Ufficio Metereologico indiano, e arrivavano solitamente alla fine di giugno nella capitale per coprire successivamente il resto del Paese verso la fine di luglio. «Il primato apparteneva al 1960 quando il monsone arrivò il 21 giugno», ha confermato il direttore dell'Ufficio meteorologico indiano B.P. Yadav al quotidiano The Hundustan Times. E se da un lato i primi allagamenti non si sono fatti attendere con i relativi disagi connessi (è di poche ore fa la notizia del crollo di un Palazzo a Mumbai) dall’altro i contadini tirano un sospiro di sollievo. In un paese in cui oltre la metà della popolazione è dedita al settore agricolo e che nella maggior parte dei casi non dispone di impianti di irrigazione, l'arrivo anticipato delle precipitazioni rassicura circa l’esito dei raccolti. Migliorano le prospettive della produzione agricola, che contribuisce al 16% del Pil nazionale e anche quelle di un contenimento dei prezzi alimentari. L’analisi è confermata dagli economisti che confermano le positive ripercussioni che avranno le precipitazioni sulla ripresa economica 2014.
Anticipo record quest’anno della stagione monsonica, iniziata la scorsa settimana a New Dehli. Le abbondanti piogge estive, non sono mai state così precoci, come sottolinea lo stesso Ufficio Metereologico indiano, e arrivavano solitamente alla fine di giugno nella capitale per coprire successivamente il resto del Paese verso la fine di luglio. «Il primato apparteneva al 1960 quando il monsone arrivò il 21 giugno», ha confermato il direttore dell'Ufficio meteorologico indiano B.P. Yadav al quotidiano The Hundustan Times. E se da un lato i primi allagamenti non si sono fatti attendere con i relativi disagi connessi (è di poche ore fa la notizia del crollo di un Palazzo a Mumbai) dall’altro i contadini tirano un sospiro di sollievo. In un paese in cui oltre la metà della popolazione è dedita al settore agricolo e che nella maggior parte dei casi non dispone di impianti di irrigazione, l'arrivo anticipato delle precipitazioni rassicura circa l’esito dei raccolti. Migliorano le prospettive della produzione agricola, che contribuisce al 16% del Pil nazionale e anche quelle di un contenimento dei prezzi alimentari. L’analisi è confermata dagli economisti che confermano le positive ripercussioni che avranno le precipitazioni sulla ripresa economica 2014.
giovedì 13 giugno 2013
Le auto indiane corrono di più
Fra le imprese indiane più competitive spiccano quelle dell’automotive. E la corsa non sembra volersi fermare.
L’india sempre più competitiva e 5 delle sue 20 imprese più promettenti appartengono al mondo delle due e quattro ruote. Lo rileva il Boston Consulting Group (BCG) che nella sua Global Challenges 2013, la lista delle imprese emergenti che sfidano i colossi dei paesi più avanzati, ha inserito ben 20 realtà indiane (più del Brasile e della Russia messi insieme). Ma non solo 5 di queste, operano nel settore dell’automotive. Si tratta di Tata Motors (utilitarie e veicoli commerciali), Mahindra & Mahindra (Suv e trattori), Bajaj (motocicli e piccoli veicoli commerciali su tre ruote), Bharat Forge e Motherson Sumi Systems (componentistica metallica e plastica). Se Tata Motors è uno dei tre players che domina il mercato interno dell’auto, Mahindra & Mahindra è invece fra le società emergenti ma vanta già impianti di assemblaggio in Cina, Gran Bretagna e Stati Uniti, oltre a detenere una quota di controllo nella Reva, il principale produttore indiano di auto elettriche. Non da meno le due società Bharat Forge e Motherson Sumi Systems che sono all’avanguardia nella componentistica :un'industria che negli ultimi 5 anni ha registrato una crescita media annua del 13,7% e un incremento del 17% delle esportazioni, nel 36% dei casi dirette in Europa, primo mercato di sbocco.
Buone anche le prospettive per il futuro nonostante l’anno fiscale si sia chiuso con una contrazione del 6,7% del mercato dell’auto. Secondo Stefano Ragusa, partner di Boston Consulting, “quello che abbiamo davanti non è un punto di flessione nel quadro di una crescita forte. Nel giro di 10 anni il mercato indiano dell'auto sarà il terzo del mondo”.
L’india sempre più competitiva e 5 delle sue 20 imprese più promettenti appartengono al mondo delle due e quattro ruote. Lo rileva il Boston Consulting Group (BCG) che nella sua Global Challenges 2013, la lista delle imprese emergenti che sfidano i colossi dei paesi più avanzati, ha inserito ben 20 realtà indiane (più del Brasile e della Russia messi insieme). Ma non solo 5 di queste, operano nel settore dell’automotive. Si tratta di Tata Motors (utilitarie e veicoli commerciali), Mahindra & Mahindra (Suv e trattori), Bajaj (motocicli e piccoli veicoli commerciali su tre ruote), Bharat Forge e Motherson Sumi Systems (componentistica metallica e plastica). Se Tata Motors è uno dei tre players che domina il mercato interno dell’auto, Mahindra & Mahindra è invece fra le società emergenti ma vanta già impianti di assemblaggio in Cina, Gran Bretagna e Stati Uniti, oltre a detenere una quota di controllo nella Reva, il principale produttore indiano di auto elettriche. Non da meno le due società Bharat Forge e Motherson Sumi Systems che sono all’avanguardia nella componentistica :un'industria che negli ultimi 5 anni ha registrato una crescita media annua del 13,7% e un incremento del 17% delle esportazioni, nel 36% dei casi dirette in Europa, primo mercato di sbocco.
Buone anche le prospettive per il futuro nonostante l’anno fiscale si sia chiuso con una contrazione del 6,7% del mercato dell’auto. Secondo Stefano Ragusa, partner di Boston Consulting, “quello che abbiamo davanti non è un punto di flessione nel quadro di una crescita forte. Nel giro di 10 anni il mercato indiano dell'auto sarà il terzo del mondo”.
martedì 4 giugno 2013
L’india frena la sua corsa
Crollo degli investimenti esteri diretti e il più basso tasso di crescita economica degli ultimi 10 anni: due segnali che preoccupano i mercati.
La crisi economica pare essersi spinta fino al subcontinente indiano e i dati economici lo confermano. Secondo il Dipartimento delle politiche e delle promozione industriale indiano gli investimenti diretti all’estero (Fdi) sono crollati, nel corso dell’ultimo, anno del 38%, restando bloccati a quota 22,4 miliardi di dollari, contro i 35,1 del 2011-2012. Ma gli analisti non si scoraggiano sostenendo che i dati di un solo anno non sono sufficienti a misurare l’efficacia delle misure governative anticrisi.
Se gli analisti appaiono fiduciosi, lo stesso non si può dire dei mercati, allarmati soprattutto dal calo del Pil indiano, limitato nell’anno fiscale 2012-2013 al 5%. Secondo le statistiche pubblicate lo scorso 31 maggio dal Ministero delle Finanze di New Dehli, si tratterebbe del tasso di crescita più basso dell’ultimo decennio. A nulla sono valse le rassicurazioni del premier Manmohan Singh che si è dichiarato “pronto a qualsiasi sacrificio per ritrovare il cammino di una crescita sostenuta”. I Sensex, indicatore dei 30 principali titoli della Borsa di Mumbai, all’indomani della diffusioni dei dati, scendeva sotto la soglia psicologica dei 20 mila punti, perdendo l’1.12% rispetto ai livelli di apertura
La crisi economica pare essersi spinta fino al subcontinente indiano e i dati economici lo confermano. Secondo il Dipartimento delle politiche e delle promozione industriale indiano gli investimenti diretti all’estero (Fdi) sono crollati, nel corso dell’ultimo, anno del 38%, restando bloccati a quota 22,4 miliardi di dollari, contro i 35,1 del 2011-2012. Ma gli analisti non si scoraggiano sostenendo che i dati di un solo anno non sono sufficienti a misurare l’efficacia delle misure governative anticrisi.
Se gli analisti appaiono fiduciosi, lo stesso non si può dire dei mercati, allarmati soprattutto dal calo del Pil indiano, limitato nell’anno fiscale 2012-2013 al 5%. Secondo le statistiche pubblicate lo scorso 31 maggio dal Ministero delle Finanze di New Dehli, si tratterebbe del tasso di crescita più basso dell’ultimo decennio. A nulla sono valse le rassicurazioni del premier Manmohan Singh che si è dichiarato “pronto a qualsiasi sacrificio per ritrovare il cammino di una crescita sostenuta”. I Sensex, indicatore dei 30 principali titoli della Borsa di Mumbai, all’indomani della diffusioni dei dati, scendeva sotto la soglia psicologica dei 20 mila punti, perdendo l’1.12% rispetto ai livelli di apertura
giovedì 30 maggio 2013
India: un freno alla corsa all’oro
Restrizioni sull’import e calo delle quotazioni: così si attenua la corsa all’oro indiano.
Il boom della domanda di oro, che aveva fatto risalire le quotazioni del lingotto negli scorsi mesi, sembra volersi arrestare. E da New Dehli sono pronti interventi per accelerare la frenata. La Reserve Bank infatti, allarmata per l’incremento del deficit commerciale nazionale, culminato lo scorso aprile a 17,8 miliardi di dollari e causato in parte dalla corsa all’oro, ha varato le prime misure per limitarne l’import. Se finora alle banche che compravano oro importato era consentito un pagamento differito fino a 180 giorni, d’ora in avanti, sarà d’obbligo il pagamento immediato. Uniche eccezioni contemplate: gli istituti che agiscono per conto di clienti e a fronte di esigenze documentate per la lavorazione di gioielli da esportazione. D'altro canto il vecchio sistema, secondo le autorità, incoraggiava un accumulo d’oro che non rispondeva alle effettive necessità. Anche l’interesse degli investitori sembra in calo e le quotazioni del lingotto sono arretrate a metà maggio a circa 1420 dollari l’oncia e secondo la maggior parte degli analisti il calo proseguirà fino a 1.150-1.250 $, per poi risalire verso 1.450 $ nella seconda metà dell'anno. Deutsche Bank intanto ha di nuovo ridotto le previsioni per il 2013, abbassandole del 6,4% a 1.533 $/oncia: il prezzo medio più basso dal 2010.
Il boom della domanda di oro, che aveva fatto risalire le quotazioni del lingotto negli scorsi mesi, sembra volersi arrestare. E da New Dehli sono pronti interventi per accelerare la frenata. La Reserve Bank infatti, allarmata per l’incremento del deficit commerciale nazionale, culminato lo scorso aprile a 17,8 miliardi di dollari e causato in parte dalla corsa all’oro, ha varato le prime misure per limitarne l’import. Se finora alle banche che compravano oro importato era consentito un pagamento differito fino a 180 giorni, d’ora in avanti, sarà d’obbligo il pagamento immediato. Uniche eccezioni contemplate: gli istituti che agiscono per conto di clienti e a fronte di esigenze documentate per la lavorazione di gioielli da esportazione. D'altro canto il vecchio sistema, secondo le autorità, incoraggiava un accumulo d’oro che non rispondeva alle effettive necessità. Anche l’interesse degli investitori sembra in calo e le quotazioni del lingotto sono arretrate a metà maggio a circa 1420 dollari l’oncia e secondo la maggior parte degli analisti il calo proseguirà fino a 1.150-1.250 $, per poi risalire verso 1.450 $ nella seconda metà dell'anno. Deutsche Bank intanto ha di nuovo ridotto le previsioni per il 2013, abbassandole del 6,4% a 1.533 $/oncia: il prezzo medio più basso dal 2010.
martedì 21 maggio 2013
India e Cina: prove di distensione
L’incontro dello scorso 19 maggio tra il premier cinese e quello indiano ha aperto un nuovo corso nelle relazioni tra Dehli e Pechino. Ma le vecchie tensioni incombono.
Dichiarazioni di pace e di cooperazione hanno caratterizzato l’incontro tra premier cinese Li Keqiang e il suo omologo Manmohan Singh. I colloqui hanno prodotto otto accordi commerciali e sul tavolo dei due giganti asiatici ci sono anche programmi di ammodernamento militare e nuove alleanze geo-strategiche. Il volume degli scambi tra i due ammonta oggi a circa 65 miliardi di dollari ma, in base ad un accordo sottoscritto, è stato fissato l'obiettivo di 100 miliardi di dollari in scambi bilaterali da raggiungere entro il 2015. Auspicando nel breve termine un clima di fiducia reciproca, il premier cinese ha affermato che “i due paesi devono stringersi la mano”. "Dobbiamo costruire un nuovo tipo di relazioni" ha proseguito il Premier “che sappia originare uno sviluppo sano e vigoroso, che rappresenterà una vera benedizione per l'Asia e per il mondo".
Ma le distanze politiche tra la seconda e la quarta potenza mondiale rimangono e la prima visita ufficiale in India giunge a poche settimane di distanza dallo scontro sui confini nella regione Himalayana. Lo sconfinamento di una ventina di KM in territorio indiano operato da truppe dell’esercito cinese, che aveva fatto temere un’escalation della tensione tra i due Paesi, non è stato menzionato dal premier Li nel corso dell’incontro. La crisi diplomatica, assieme alla questione tibetana, è stata però oggetto di proteste di piazza che hanno accolto e accompagnato la visita del Primo Ministro cinese.
Dichiarazioni di pace e di cooperazione hanno caratterizzato l’incontro tra premier cinese Li Keqiang e il suo omologo Manmohan Singh. I colloqui hanno prodotto otto accordi commerciali e sul tavolo dei due giganti asiatici ci sono anche programmi di ammodernamento militare e nuove alleanze geo-strategiche. Il volume degli scambi tra i due ammonta oggi a circa 65 miliardi di dollari ma, in base ad un accordo sottoscritto, è stato fissato l'obiettivo di 100 miliardi di dollari in scambi bilaterali da raggiungere entro il 2015. Auspicando nel breve termine un clima di fiducia reciproca, il premier cinese ha affermato che “i due paesi devono stringersi la mano”. "Dobbiamo costruire un nuovo tipo di relazioni" ha proseguito il Premier “che sappia originare uno sviluppo sano e vigoroso, che rappresenterà una vera benedizione per l'Asia e per il mondo".
Ma le distanze politiche tra la seconda e la quarta potenza mondiale rimangono e la prima visita ufficiale in India giunge a poche settimane di distanza dallo scontro sui confini nella regione Himalayana. Lo sconfinamento di una ventina di KM in territorio indiano operato da truppe dell’esercito cinese, che aveva fatto temere un’escalation della tensione tra i due Paesi, non è stato menzionato dal premier Li nel corso dell’incontro. La crisi diplomatica, assieme alla questione tibetana, è stata però oggetto di proteste di piazza che hanno accolto e accompagnato la visita del Primo Ministro cinese.
mercoledì 8 maggio 2013
L’India apre al nucleare
Ok della Corte suprema alla centrale nucleare nello stato di Tamil Nadu, colpito nel 2004 dallo tsunami .
Dopo mesi di dibattiti e resistenze da parte dei movimenti antinucleare locali, arriva l’Ok della corte suprema. L’Unità 1 della centrale di KudanKulam, nello stato meridionale di Tamil Nadu, diverrà presto operativa. La Corte ha motivato la scelta di riavviare i lavori precisando che la centrale “e' utile e necessaria per contribuire alla crescita economica nazionale'' e che ''l'interesse della maggioranza deve prevalere su quello di una minoranza'' avversa al progetto.
Nell’ordinanza viene altresì richiesto al governo un dettagliato rapporto sulle misure di sicurezza e le modalità di monitoraggio previsti per l’impianto.
Ma non basta a tranquillizzare le forze dell’opposizione. M. Pushparayan, leader del Movimento popolare contro l’energia nucleare (Pmane), definisce la decisione della Corte “tardiva ed ingiusta” e rilancia la protesta contro il progetto. Gli attivisti evidenziano in particolare l’inadeguatezza della zona scelta per la centrale, toccata dallo tsunami del 2004 e quindi potenzialmente a rischio. Per ora nessun dietrofront da parte del governo indiano che anzi punta al nucleare per recuperare il grave deficit energetico del Paese e ha già messo in cantiere numerosi impianti che aumenteranno la produzione di energia nucleare di almeno 14 volte quella attuale.
Dopo mesi di dibattiti e resistenze da parte dei movimenti antinucleare locali, arriva l’Ok della corte suprema. L’Unità 1 della centrale di KudanKulam, nello stato meridionale di Tamil Nadu, diverrà presto operativa. La Corte ha motivato la scelta di riavviare i lavori precisando che la centrale “e' utile e necessaria per contribuire alla crescita economica nazionale'' e che ''l'interesse della maggioranza deve prevalere su quello di una minoranza'' avversa al progetto.
Nell’ordinanza viene altresì richiesto al governo un dettagliato rapporto sulle misure di sicurezza e le modalità di monitoraggio previsti per l’impianto.
Ma non basta a tranquillizzare le forze dell’opposizione. M. Pushparayan, leader del Movimento popolare contro l’energia nucleare (Pmane), definisce la decisione della Corte “tardiva ed ingiusta” e rilancia la protesta contro il progetto. Gli attivisti evidenziano in particolare l’inadeguatezza della zona scelta per la centrale, toccata dallo tsunami del 2004 e quindi potenzialmente a rischio. Per ora nessun dietrofront da parte del governo indiano che anzi punta al nucleare per recuperare il grave deficit energetico del Paese e ha già messo in cantiere numerosi impianti che aumenteranno la produzione di energia nucleare di almeno 14 volte quella attuale.
martedì 30 aprile 2013
H&M veste l’India
Il gruppo di fast fashion svedese pianifica l’apertura di una filiale detenuta al 100% e di 50 nuovi negozi monomarca.
H&M avvia la sua penetrazione commerciale in India e prevede di investire 100 milioni di euro entro l’anno per una filiale controllata al 100% e di aprire una cinquantina di punti vendita monomarca nel paese. Un traguardo fino a poco tempo fa impensabile per le società straniere che puntavano al mercato indiano, poiché obbligate dalla legge nazionale ad associarsi con dei partner locali e a non possedere una quota superiore al 49% delle controllate. Oggi, grazie alla nuova legislazione, il vincolo è stato scavalcato e rimane solo l’obbligo, per il brand svedese, di rifornirsi di almeno il 30% del valore dei prodotti venduti nel paese, da produttori locali.
Dopo l’IKEA, il gruppo svedese, è il secondo colosso scandinavo a sbarcare in India e punta ora a raggiungere il marchio Indetex, che in partnership con Tata, è presente già da tre anni sul mercato indiano con nomi come Zara e Massimo Dutti. Sebbene infatti sia presente oggi in 49 paesi, H&M realizza ancora l’80% delle proprie vendite in Europa e solo il 6% in Asia. Lo sguardo è quindi ora rivolto ai mercati emergenti ed è previsto, entro la fine dell’anno il debutto anche in Cile e Indonesia.
H&M avvia la sua penetrazione commerciale in India e prevede di investire 100 milioni di euro entro l’anno per una filiale controllata al 100% e di aprire una cinquantina di punti vendita monomarca nel paese. Un traguardo fino a poco tempo fa impensabile per le società straniere che puntavano al mercato indiano, poiché obbligate dalla legge nazionale ad associarsi con dei partner locali e a non possedere una quota superiore al 49% delle controllate. Oggi, grazie alla nuova legislazione, il vincolo è stato scavalcato e rimane solo l’obbligo, per il brand svedese, di rifornirsi di almeno il 30% del valore dei prodotti venduti nel paese, da produttori locali.
Dopo l’IKEA, il gruppo svedese, è il secondo colosso scandinavo a sbarcare in India e punta ora a raggiungere il marchio Indetex, che in partnership con Tata, è presente già da tre anni sul mercato indiano con nomi come Zara e Massimo Dutti. Sebbene infatti sia presente oggi in 49 paesi, H&M realizza ancora l’80% delle proprie vendite in Europa e solo il 6% in Asia. Lo sguardo è quindi ora rivolto ai mercati emergenti ed è previsto, entro la fine dell’anno il debutto anche in Cile e Indonesia.
lunedì 22 aprile 2013
Riaperte 63 miniere di ferro
Dopo il blocco totale delle estrazioni, una sentenza della Corte Suprema indiana consente la riattivazione di 63 miniere nello Stato del Karnataka.
Nessun effetto dirompente ma un piccolo passo verso la ripresa del mercato del ferro. Così l’India ha salutato la recente sentenza della Corte Suprema indiana che pone fine allo stop prolungato dell’estrazione per alcune miniere del gruppo Vedanta, nello stato del Karnataka, in atto dal 2011. Le misure restrittive furono introdotte per frenare le estrazioni illegali e una serie di scandali legati alla corruzione in diversi stati indiani. Di fatto si tradussero con l’azzeramento delle esportazioni del Paese che nel 2009 ammontava a 119 milioni di tonnellate di ferro l’anno.
Se 63 miniere dai prossimi giorni torneranno operative ad altre 49 è stata revocata la licenza poiché indagini hanno accertato violazioni della legge. La medesima sentenza della Corte Suprema ha altresì confermato il divieto alla ripresa dell'attività nella miniera di bauxite del gruppo Vedanta in Orissa. La semplice riattivazione delle miniere della Karnataka sarà tuttavia sufficiente per ridurre le importazioni e gradualmente tornare a soddisfare la domanda di ferro delle acciaierie locali. Riaccesa anche la speranza tra gli operatori del settore per l’attenuazione del blocco delle miniere di Goa, specializzate nell’esportazione di ferro di buona qualità.
Nessun effetto dirompente ma un piccolo passo verso la ripresa del mercato del ferro. Così l’India ha salutato la recente sentenza della Corte Suprema indiana che pone fine allo stop prolungato dell’estrazione per alcune miniere del gruppo Vedanta, nello stato del Karnataka, in atto dal 2011. Le misure restrittive furono introdotte per frenare le estrazioni illegali e una serie di scandali legati alla corruzione in diversi stati indiani. Di fatto si tradussero con l’azzeramento delle esportazioni del Paese che nel 2009 ammontava a 119 milioni di tonnellate di ferro l’anno.
Se 63 miniere dai prossimi giorni torneranno operative ad altre 49 è stata revocata la licenza poiché indagini hanno accertato violazioni della legge. La medesima sentenza della Corte Suprema ha altresì confermato il divieto alla ripresa dell'attività nella miniera di bauxite del gruppo Vedanta in Orissa. La semplice riattivazione delle miniere della Karnataka sarà tuttavia sufficiente per ridurre le importazioni e gradualmente tornare a soddisfare la domanda di ferro delle acciaierie locali. Riaccesa anche la speranza tra gli operatori del settore per l’attenuazione del blocco delle miniere di Goa, specializzate nell’esportazione di ferro di buona qualità.
mercoledì 17 aprile 2013
Auto: crollo delle vendite
Immatricolazioni calate del 6,7% segnano il peggiore risultato del settore negli ultimi 10 anni.
La locomotiva indiana frena la sua corsa e cede alla crisi economica. Almeno per quanto riguarda il settore automobilistico che chiude l’anno fiscale 2012-13 con il deludente risultato di un –6,7% nelle vendite, scese da 2,03 milioni a 1,89 milioni di unità l’anno. Il peggiore dell’ultimo decennio. Questo il bilancio della Siam, la Società Indiana dei costruttori di automobili che commenta ''L'anno e' stato cattivo e questo si vede. Tutti i fattori che hanno un impatto sul comportamento degli acquirenti (tassi d'interesse, prezzo del carburante e crisi economica) hanno avuto una tendenza negativa''. Anche il Pil indiano ha rallentato la sua esponenziale crescita attestandosi intorno alla soglia del 5% annuo. Il Presidente dell’organismo, S. Sandilya, però non dispera, anzi ipotizza già a partire dal quest’anno, una rimonta nelle vendite del 3,5%. “Non si deve dimenticare- sottolinea- che il rapporto fra vetture e popolazione e' di solo 12 ogni 1.000 abitanti'', una proporzione che lascia ben sperare per il futuro del settore.
La locomotiva indiana frena la sua corsa e cede alla crisi economica. Almeno per quanto riguarda il settore automobilistico che chiude l’anno fiscale 2012-13 con il deludente risultato di un –6,7% nelle vendite, scese da 2,03 milioni a 1,89 milioni di unità l’anno. Il peggiore dell’ultimo decennio. Questo il bilancio della Siam, la Società Indiana dei costruttori di automobili che commenta ''L'anno e' stato cattivo e questo si vede. Tutti i fattori che hanno un impatto sul comportamento degli acquirenti (tassi d'interesse, prezzo del carburante e crisi economica) hanno avuto una tendenza negativa''. Anche il Pil indiano ha rallentato la sua esponenziale crescita attestandosi intorno alla soglia del 5% annuo. Il Presidente dell’organismo, S. Sandilya, però non dispera, anzi ipotizza già a partire dal quest’anno, una rimonta nelle vendite del 3,5%. “Non si deve dimenticare- sottolinea- che il rapporto fra vetture e popolazione e' di solo 12 ogni 1.000 abitanti'', una proporzione che lascia ben sperare per il futuro del settore.
giovedì 11 aprile 2013
La moto più economica è made in India
In arrivo dalla Tata Motors la nuova moto low cost: solo 500 dollari.
Dopo l’auto più economica del mondo, sfornata dalla casa automobilistica nel 2009 al modico prezzo finale di 1600 euro, è in arrivo dalla stessa Tata la moto low cost. La due ruote più a buon mercato del mondo costerà solo 500 euro e verrà prodotta in India dal gigante giapponese della Yamaha. Il progetto è in corso di elaborazione da svariati anni presso il centro globale di ricerca e sviluppo (YMRI) di Surajpur, in Uttar Pradesh. “L’India diventerà l'hub globale per la produzione di moto a basso costo che saranno esportate in altri paesi, come l'Africa e l'America latina,” spiega il responsabile dell’YMRI, Toshikazu Kobayashi che aggiunge: ''Il nostro obiettivo e' di sviluppare il modello a piu' basso costo al mondo e i pezzi di ricambio al minor prezzo. Vogliamo arrivare ad offrire questo prodotto ad appena 500 dollari, sia per l'India che per il mercato di esportazione''. Principali destinatari, oltre i consumatori nazionali, saranno quindi i nuovi mercati africani in rapida crescita. Escluso per ora uno sbarco in Europa.
Pochi i dettagli tecnici forniti dalla filiale indiana della Yamaha, che per ora ha solo indicato la potenza del motore, non inferiore ai 100 cc.
Dopo l’auto più economica del mondo, sfornata dalla casa automobilistica nel 2009 al modico prezzo finale di 1600 euro, è in arrivo dalla stessa Tata la moto low cost. La due ruote più a buon mercato del mondo costerà solo 500 euro e verrà prodotta in India dal gigante giapponese della Yamaha. Il progetto è in corso di elaborazione da svariati anni presso il centro globale di ricerca e sviluppo (YMRI) di Surajpur, in Uttar Pradesh. “L’India diventerà l'hub globale per la produzione di moto a basso costo che saranno esportate in altri paesi, come l'Africa e l'America latina,” spiega il responsabile dell’YMRI, Toshikazu Kobayashi che aggiunge: ''Il nostro obiettivo e' di sviluppare il modello a piu' basso costo al mondo e i pezzi di ricambio al minor prezzo. Vogliamo arrivare ad offrire questo prodotto ad appena 500 dollari, sia per l'India che per il mercato di esportazione''. Principali destinatari, oltre i consumatori nazionali, saranno quindi i nuovi mercati africani in rapida crescita. Escluso per ora uno sbarco in Europa.
Pochi i dettagli tecnici forniti dalla filiale indiana della Yamaha, che per ora ha solo indicato la potenza del motore, non inferiore ai 100 cc.
martedì 2 aprile 2013
India vs Novartis: 1 a 0
L’India si conferma “la farmacia dei poveri” e segna un altro successo nella battaglia legale contro la multinazionale elvetica.
Novartis perde il ricorso in India che potrà continuare e vendere farmaci low-cost. Lo stabilisce una recente sentenza della Corte Suprema Indiana che ha respinto il ricorso presentato dal colosso svizzero. Oggetto della disputa, il brevetto di un medicinale anti cancro attualmente 'copiato' dalle aziende farmaceutiche indiane e venduto a un prezzo di gran lunga inferiore a quello dell'originale. Il Glivec, questo il nome del farmaco, secondo i giudici, non costituirebbe un’invenzione originale della casa farmaceutica bensì una mera riformulazione di un preparato contenente la stessa molecola. Si tratterebbe quindi dell’ennesimo esempio di “evergreening”, la pratica diffusa tra le multinazionali dei farmaci di “rinverdire” un prodotto già esistente e rilanciarlo nel mercato con un nuovo brevetto. Un verdetto storico, quello dei giorni scorsi, atteso da 7 anni , permetterà ai gruppi farmaceutici nazionali come Cipla e Rambaxy di continuare a produrre e commercializzare la versione generica del suddetto medicinale. Un risparmio enorme: 175 dollari per un trattamento di un mese contro i 2600 di un analogo trattamento a base di Glivec, che consentirà anche alle fasce più povere della popolazione mondiale l’accesso alle cure. Negativa ma debole la reazione di Novartis che accusa la decisione della Corte di scoraggiare “la ricerca di farmaci innovativi” nonché “di ostacolare i progressi medici nelle patologie per le quali non sono ancora disponibili opzioni terapeutiche efficaci.”
Ma il caso Novartis non è isolato e a novembre la Corte di appello indiana per i brevetti (Ipab) ha revocato un altro brevetto su un farmaco antiepatite della svizzera Roche mentre lo scorso mese a finire nel mirino dei giudici indiani è finita la tedesca Bayer, costretta ad accettare la vendita della versione low cost del Nexavar, altro costoso farmaco anti cancro.
Novartis perde il ricorso in India che potrà continuare e vendere farmaci low-cost. Lo stabilisce una recente sentenza della Corte Suprema Indiana che ha respinto il ricorso presentato dal colosso svizzero. Oggetto della disputa, il brevetto di un medicinale anti cancro attualmente 'copiato' dalle aziende farmaceutiche indiane e venduto a un prezzo di gran lunga inferiore a quello dell'originale. Il Glivec, questo il nome del farmaco, secondo i giudici, non costituirebbe un’invenzione originale della casa farmaceutica bensì una mera riformulazione di un preparato contenente la stessa molecola. Si tratterebbe quindi dell’ennesimo esempio di “evergreening”, la pratica diffusa tra le multinazionali dei farmaci di “rinverdire” un prodotto già esistente e rilanciarlo nel mercato con un nuovo brevetto. Un verdetto storico, quello dei giorni scorsi, atteso da 7 anni , permetterà ai gruppi farmaceutici nazionali come Cipla e Rambaxy di continuare a produrre e commercializzare la versione generica del suddetto medicinale. Un risparmio enorme: 175 dollari per un trattamento di un mese contro i 2600 di un analogo trattamento a base di Glivec, che consentirà anche alle fasce più povere della popolazione mondiale l’accesso alle cure. Negativa ma debole la reazione di Novartis che accusa la decisione della Corte di scoraggiare “la ricerca di farmaci innovativi” nonché “di ostacolare i progressi medici nelle patologie per le quali non sono ancora disponibili opzioni terapeutiche efficaci.”
Ma il caso Novartis non è isolato e a novembre la Corte di appello indiana per i brevetti (Ipab) ha revocato un altro brevetto su un farmaco antiepatite della svizzera Roche mentre lo scorso mese a finire nel mirino dei giudici indiani è finita la tedesca Bayer, costretta ad accettare la vendita della versione low cost del Nexavar, altro costoso farmaco anti cancro.
mercoledì 20 marzo 2013
Continua la cooperazione agricola Italia-India
All’indomani de meeting di Pounjab tra operatori indiani e italiani, è positivo il riscontro di FederUnacoma. Il caso marò non scalfisce le relazioni industriali tra i due Paesi.
“Piena sintonia sul piano tecnico ed economico, ma anche sul piano culturale ed umano”. Con questo commento il Presidente di FederUnacoma, Massimo Goldoni, chiude la “tre giorni” dedicata alla presentazione, agli operatori locali di settore, delle tecnologie made in Italy per le lavorazioni agricole. La manifestazione promozionale organizzata dallo Stato del Punjab, Regione Emilia Romagna, Federazione delle Camere di Commercio e Industria dell’India FICCI e Federazione delle industrie italiane costruttrici di macchine agricole FederUnacoma, si è infatti conclusa con successo, lo scorso 17 marzo, attirando circa 250 mila visitatori.
Altrettanto ottimistiche sono le previsioni di Goldoni sull’evoluzione dei rapporti diplomatici italo-indiani: “Sono certo che le tensioni fra i governi legate alla vicenda dei militari italiani saranno presto superate – ha dichiarato - e che si troverà una soluzione soddisfacente per entrambe le parti, perché le relazioni con l’India sono basate non soltanto su un reciproco interesse alla cooperazione tecnica ed economica ma anche su un ottimo feeling sul piano culturale ed umano”. “Come FederUnacoma collaboriamo in modo stretto con la FICCI da alcuni anni – ha aggiunto il Presidente di FederUnacoma– e abbiamo ormai una grande sintonia per lo sviluppo di una meccanizzazione che possa conciliare le esigenze di produttività con quelle di salvaguardia delle risorse naturali, e che rispetti il modello di impresa agricola che il Paese intende sviluppare in questa fase così dinamica e importante della sua storia”.
“Piena sintonia sul piano tecnico ed economico, ma anche sul piano culturale ed umano”. Con questo commento il Presidente di FederUnacoma, Massimo Goldoni, chiude la “tre giorni” dedicata alla presentazione, agli operatori locali di settore, delle tecnologie made in Italy per le lavorazioni agricole. La manifestazione promozionale organizzata dallo Stato del Punjab, Regione Emilia Romagna, Federazione delle Camere di Commercio e Industria dell’India FICCI e Federazione delle industrie italiane costruttrici di macchine agricole FederUnacoma, si è infatti conclusa con successo, lo scorso 17 marzo, attirando circa 250 mila visitatori.
Altrettanto ottimistiche sono le previsioni di Goldoni sull’evoluzione dei rapporti diplomatici italo-indiani: “Sono certo che le tensioni fra i governi legate alla vicenda dei militari italiani saranno presto superate – ha dichiarato - e che si troverà una soluzione soddisfacente per entrambe le parti, perché le relazioni con l’India sono basate non soltanto su un reciproco interesse alla cooperazione tecnica ed economica ma anche su un ottimo feeling sul piano culturale ed umano”. “Come FederUnacoma collaboriamo in modo stretto con la FICCI da alcuni anni – ha aggiunto il Presidente di FederUnacoma– e abbiamo ormai una grande sintonia per lo sviluppo di una meccanizzazione che possa conciliare le esigenze di produttività con quelle di salvaguardia delle risorse naturali, e che rispetti il modello di impresa agricola che il Paese intende sviluppare in questa fase così dinamica e importante della sua storia”.
giovedì 14 marzo 2013
Caso Marò: a rischio le relazione con l’India
La Corte Suprema indiana comunica all’ambasciatore italiano di non lasciare il Paese e di fornire entro il 18 marzo una spiegazione circa la decisione di Roma. Duri gli avvertimenti del premier Singh.
Sempre più tesi i rapporti italo indiani a causa del mancato rientro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò accusati di aver ucciso due pescatori durante un servizio di antipirateria su una nave italiana. È di poche ore fa l’ordinanza lanciata all’ambasciatore Mancini di non lasciare l'India prima dell’udienza fissata dalla Corte Suprema Indiana, cioè il 19 marzo. Al diplomatico, che aveva firmato davanti alla Corte una dichiarazione giurata a garanzia del ritorno dei Marò in India alla scadenza del permesso elettorale, è ora richiesto di fornire, entro il 18 marzo, una spiegazione circa la decisione di Roma. Se non è ancora chiaro il riconoscimento o meno dell’immunità diplomatica per Mancini, non lasciano dubbi gli ammonimenti del primo ministro Manmohan Singh. Il Premier indiano ha rinnovato infatti, prima su twitter e poi in Parlamento, le sue proteste: “Devono mantenere fede alla loro parola” e avverte che, se ciò non avverrà, ci “saranno conseguenze sulle nostre relazioni con l’Italia”. Oltre ai rapporti bilaterali preoccupano anche le eventuali ripercussioni sulle relazioni commerciali tra i due Paesi. Come evidenzia la Sace, in India sono presenti circa 400 aziende italiane, con 1,11 miliardi di dollari di investimenti diretti che pongono l'Italia al settimo posto tra gli investitori UE, preceduta da Regno Unito, Germania, Olanda, Cipro, Francia e Spagna. Tra le più importanti realtà che operano nel subcontinente si annoverano: Eni, Fiat, Luxottica, Merloni, Piaggio, Tecnimont, Pirelli, Italcementi, Techint, Perfetti Van Melle, Luxottica, Carraro, STmicroelectronics e Generali.
Sempre più tesi i rapporti italo indiani a causa del mancato rientro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò accusati di aver ucciso due pescatori durante un servizio di antipirateria su una nave italiana. È di poche ore fa l’ordinanza lanciata all’ambasciatore Mancini di non lasciare l'India prima dell’udienza fissata dalla Corte Suprema Indiana, cioè il 19 marzo. Al diplomatico, che aveva firmato davanti alla Corte una dichiarazione giurata a garanzia del ritorno dei Marò in India alla scadenza del permesso elettorale, è ora richiesto di fornire, entro il 18 marzo, una spiegazione circa la decisione di Roma. Se non è ancora chiaro il riconoscimento o meno dell’immunità diplomatica per Mancini, non lasciano dubbi gli ammonimenti del primo ministro Manmohan Singh. Il Premier indiano ha rinnovato infatti, prima su twitter e poi in Parlamento, le sue proteste: “Devono mantenere fede alla loro parola” e avverte che, se ciò non avverrà, ci “saranno conseguenze sulle nostre relazioni con l’Italia”. Oltre ai rapporti bilaterali preoccupano anche le eventuali ripercussioni sulle relazioni commerciali tra i due Paesi. Come evidenzia la Sace, in India sono presenti circa 400 aziende italiane, con 1,11 miliardi di dollari di investimenti diretti che pongono l'Italia al settimo posto tra gli investitori UE, preceduta da Regno Unito, Germania, Olanda, Cipro, Francia e Spagna. Tra le più importanti realtà che operano nel subcontinente si annoverano: Eni, Fiat, Luxottica, Merloni, Piaggio, Tecnimont, Pirelli, Italcementi, Techint, Perfetti Van Melle, Luxottica, Carraro, STmicroelectronics e Generali.
giovedì 7 marzo 2013
L’India veste all'occidentale
I grandi brand puntano al mercato dell’abbigliamento indiano che, secondo le stime, crescerà a ritmi del 9-10% annui.
L’incontro delle scorse settimane tra il chief executive officer di H&M, Karl-Johan Persson e il Ministro indiano del Commercio, Anand Sharma ha rivelato una tendenza sempre più consistente tra i grandi marchi della moda: quella di affacciarsi in India. Stando alla stampa indiana infatti sia Coach che il colosso Ppr con il brand Balenciaga sono alla ricerca di partner per entrare nel subcontinente; Geox «ha individuato un distributore esclusivo che negli ultimi cinque mesi ha già aperto tre negozi a New Delhi»; Prada, pur senza avere piani di ingresso a breve, ha un «interesse prospettico» per il Paese, mentre Moschino «punta a entrare con la sua prima linea entro settembre» attraverso un franchising e aperture su Delhi e Mumbai. Grazie all’allentamento delle norme che regolano gli investimenti diretti all’estero nel settore retail e dopo una stagione di joint-venture poco proficue, i brand occidentali sembrano aver individuato i partner locali adatti.
Secondo le stime della società di consulenza globale A.T.Kearney, il mercato indiano dell'abbigliamento crescerà al ritmo del 9-10% annuo per il prossimo quinquennio. Le previsioni corrispondono a quelle di Technopak, una società indiana di consulenza specializzata nel settore retail, che stima per il mercato "worldwear" indiano (abbigliamento non tradizionale) un valore, nel 2017, di 39 miliardi di dollari rispetto ai 25 dello scorso anno.
«I margini di crescita più robusti per i player stranieri - sottolinea Arvind K. Singhal, presidente di Technopak - li vedo nel mercato femminile: nelle borse, dove l'India non produce nulla di paragonabile agli status symbol occidentali, nelle scarpe che localmente continuano a essere prodotte per i vestiti tradizionali e nell'abbigliamento perché al momento non ci sono player locali che facciano abiti occidentali». La quota di mercato del worldwear femminile, secondo Technopak, è destinata a salire dal 15% al 17% del totale, con un incremento medio annuo del 12%, superiore al settore maschile (+7%) e bambino (+11%).
L’incontro delle scorse settimane tra il chief executive officer di H&M, Karl-Johan Persson e il Ministro indiano del Commercio, Anand Sharma ha rivelato una tendenza sempre più consistente tra i grandi marchi della moda: quella di affacciarsi in India. Stando alla stampa indiana infatti sia Coach che il colosso Ppr con il brand Balenciaga sono alla ricerca di partner per entrare nel subcontinente; Geox «ha individuato un distributore esclusivo che negli ultimi cinque mesi ha già aperto tre negozi a New Delhi»; Prada, pur senza avere piani di ingresso a breve, ha un «interesse prospettico» per il Paese, mentre Moschino «punta a entrare con la sua prima linea entro settembre» attraverso un franchising e aperture su Delhi e Mumbai. Grazie all’allentamento delle norme che regolano gli investimenti diretti all’estero nel settore retail e dopo una stagione di joint-venture poco proficue, i brand occidentali sembrano aver individuato i partner locali adatti.
Secondo le stime della società di consulenza globale A.T.Kearney, il mercato indiano dell'abbigliamento crescerà al ritmo del 9-10% annuo per il prossimo quinquennio. Le previsioni corrispondono a quelle di Technopak, una società indiana di consulenza specializzata nel settore retail, che stima per il mercato "worldwear" indiano (abbigliamento non tradizionale) un valore, nel 2017, di 39 miliardi di dollari rispetto ai 25 dello scorso anno.
«I margini di crescita più robusti per i player stranieri - sottolinea Arvind K. Singhal, presidente di Technopak - li vedo nel mercato femminile: nelle borse, dove l'India non produce nulla di paragonabile agli status symbol occidentali, nelle scarpe che localmente continuano a essere prodotte per i vestiti tradizionali e nell'abbigliamento perché al momento non ci sono player locali che facciano abiti occidentali». La quota di mercato del worldwear femminile, secondo Technopak, è destinata a salire dal 15% al 17% del totale, con un incremento medio annuo del 12%, superiore al settore maschile (+7%) e bambino (+11%).
martedì 5 marzo 2013
L'India, il paese dei diamanti
Secondo una relazione della Rare Investment, l’India, insieme alla Cina, trainerà nei prossimi anni il mercato dei diamanti. Ma non tutti i canali di commercio sono legali.
In India cresce la domanda di diamanti e oggi più che mai vale il famoso slogan coniato dalla multinazionale De Beers “un diamante è per sempre”. Se infatti la fame di diamanti è in parte giustificata dalla crescita di miliardari in Asia, è sempre più diffusa l’abitudine occidentale di rimarcare matrimoni e fidanzamenti, regalando gioielli con diamanti. La domanda, secondo una recente relazione della Rare Investment, è in aumento sia per le pietre preziose di fascia bassa che per quelle di fascia alta e rischia di superare quella dell’oro, che nel paese è da sempre stato il bene di lusso più acquistato.
L’India è oggi il terzo acquirente di diamanti al mondo, dopo Cina e USA ma non tutto il commercio si svolge nella regolarità. Secondo una recente inchiesta del quotidiano “The Times of India” infatti, delle trentacinque tonnellate di diamanti grezzi che passano ogni anno dalla città di Surat, principale centro di lavorazione dei diamanti, meno dei due terzi arriva seguendo canali legali. La certificazione attualmente richiesta è semplice e di facile falsificazione, con il rischio che i cosiddetti “diamanti di guerra”, pietre estratte illecitamente con cui si finanziano i conflitti, siano messi in vendita da chiunque, dai piccoli ambulanti di strada allo stesso governo indiano.
In India cresce la domanda di diamanti e oggi più che mai vale il famoso slogan coniato dalla multinazionale De Beers “un diamante è per sempre”. Se infatti la fame di diamanti è in parte giustificata dalla crescita di miliardari in Asia, è sempre più diffusa l’abitudine occidentale di rimarcare matrimoni e fidanzamenti, regalando gioielli con diamanti. La domanda, secondo una recente relazione della Rare Investment, è in aumento sia per le pietre preziose di fascia bassa che per quelle di fascia alta e rischia di superare quella dell’oro, che nel paese è da sempre stato il bene di lusso più acquistato.
L’India è oggi il terzo acquirente di diamanti al mondo, dopo Cina e USA ma non tutto il commercio si svolge nella regolarità. Secondo una recente inchiesta del quotidiano “The Times of India” infatti, delle trentacinque tonnellate di diamanti grezzi che passano ogni anno dalla città di Surat, principale centro di lavorazione dei diamanti, meno dei due terzi arriva seguendo canali legali. La certificazione attualmente richiesta è semplice e di facile falsificazione, con il rischio che i cosiddetti “diamanti di guerra”, pietre estratte illecitamente con cui si finanziano i conflitti, siano messi in vendita da chiunque, dai piccoli ambulanti di strada allo stesso governo indiano.
venerdì 1 marzo 2013
Apple alla conquista dell’India
ITunes Store, Apple TV e nuovi punti vendita: l’azienda di Cupertino punta al subcontinente indiano.
Dopo il successo riscontrato sul mercato cinese che ha da poco sorpassato quello statunitense come giro d’affari, la Apple guarda all’India. Un nuovo iTunes Store, l’imminente commercializzazione di Apple TV, e la previsione di aprire entro l’anno punti vendita diretti, sono alcune delle importanti iniziative avviate recentemente nel subcontinente.
L’India rappresenta oggi uno dei mercati col maggior tasso di crescita al mondo, ed è proprio per tale motivo che l’azienda guidata da Tim Cook sta iniziando a concentrare i propri sforzi in quel Paese. La strategia di ingresso è sintetizzata dal Wall Street Journal: «Apple sta bypassando i carrier mobili per ottenere un maggior controllo sul marketing in India e per poter offrire prestiti senza interessi che irretiscano i consumatori di fascia bassa. Negli ultimi sei mesi, la società ha anche aumentato lo staff in India del 30% per un totale di 170 impiegati, oltre a prepararsi all’introduzione di altri prodotti come Apple TV che dovrebbe raggiungere i negozi nelle prossime settimane. [...] Il risultato è che Apple ha venduto più di 252.000 iPhone in India nel trimestre che si concludeva a dicembre, ovvero più del triplo dei tre mesi precedenti, secondo una ricerca di Canalys».
È da sottolineare però che, contrariamente a quanto avviene negli USA, in India gli operatori telefonici solitamente non sovvenzionano gli smartphone con degli appositi piani, dunque per acquistare un iPhone entry-level gli indiani dovranno effettuare un esborso economico di minimo 500$. Una cifra inaccessibile per le tasche dei consumatori locali che l’azienda di Cupertino dovrà necessariamente abbassare con una soluzione low cost dedicata esclusivamente ai paesi emergenti.
Dopo il successo riscontrato sul mercato cinese che ha da poco sorpassato quello statunitense come giro d’affari, la Apple guarda all’India. Un nuovo iTunes Store, l’imminente commercializzazione di Apple TV, e la previsione di aprire entro l’anno punti vendita diretti, sono alcune delle importanti iniziative avviate recentemente nel subcontinente.
L’India rappresenta oggi uno dei mercati col maggior tasso di crescita al mondo, ed è proprio per tale motivo che l’azienda guidata da Tim Cook sta iniziando a concentrare i propri sforzi in quel Paese. La strategia di ingresso è sintetizzata dal Wall Street Journal: «Apple sta bypassando i carrier mobili per ottenere un maggior controllo sul marketing in India e per poter offrire prestiti senza interessi che irretiscano i consumatori di fascia bassa. Negli ultimi sei mesi, la società ha anche aumentato lo staff in India del 30% per un totale di 170 impiegati, oltre a prepararsi all’introduzione di altri prodotti come Apple TV che dovrebbe raggiungere i negozi nelle prossime settimane. [...] Il risultato è che Apple ha venduto più di 252.000 iPhone in India nel trimestre che si concludeva a dicembre, ovvero più del triplo dei tre mesi precedenti, secondo una ricerca di Canalys».
È da sottolineare però che, contrariamente a quanto avviene negli USA, in India gli operatori telefonici solitamente non sovvenzionano gli smartphone con degli appositi piani, dunque per acquistare un iPhone entry-level gli indiani dovranno effettuare un esborso economico di minimo 500$. Una cifra inaccessibile per le tasche dei consumatori locali che l’azienda di Cupertino dovrà necessariamente abbassare con una soluzione low cost dedicata esclusivamente ai paesi emergenti.
lunedì 25 febbraio 2013
Macchine agricole: prove di internazionalizzazione
Al via un progetto di penetrazione commerciale delle imprese emiliane produttrici di macchine agricole in India.
Campo Prova Punjab è il nome del Progetto realizzato da Unioncamere Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna, FederUnacoma (Federazione Nazionale Costruttori Macchine per l’Agricoltura) e IICCI (Indo-Italian Chamber Of Commerce & Industry). L’obiettivo è far conoscere agli operatori indiani le macchine e attrezzature per l’agricoltura, la componentistica e i macchinari per l’agroindustria e il food processing prodotti in Emilia-Romagna.
Il progetto è stato presentato lo scorso novembre a Bologna e in questi giorni le 21 imprese coinvolte (14 delle quali emiliano-romagnole) hanno inviato a Punjab, location selezionata per l’iniziativa, i propri macchinari. Le dimostrazioni programmate per i giorni 15 e 16 marzo, si svolgeranno presso l’azienda agricola sperimentale University Farm Ladhowal, nella città di Ludhianna e saranno finalizzate alla promozione e alla commercializzazione del prodotto italiano in loco. «La cooperazione con l’India – afferma il modenese Massimo Goldoni, presidente FederUnacoma - rappresenta una delle priorità nelle politiche di internazionalizzazione delle nostre imprese. Il mercato indiano assorbe ormai un numero di 450 mila trattrici annue, superiore a quello della Cina, pari a tre volte quello dell’intera Europa comunitaria e a cinque volte quello degli Stati Uniti, rappresentando per le nostre imprese una formidabile opportunità».
A seguire, una serie di incontri business-to-business tra aziende italiane e indiane del settore (importatori, distributori, produttori di macchinari e componentistica) curati dalla Indo-Italian Chamber Of Commerce & Industry. La realizzazione di un “Centro di dimostrazione permanente” nell’Università di Punjab verterà sulla formazione di tecnici indiani per gettare le basi di una collaborazione tecnica e di una graduale penetrazione commerciale nel mercato indiano. Per concludere è prevista la partecipazione congiunta delle imprese dei due paesi alla fiera Eima Agrimach India 2013, che si svolgerà dal 5 al 7 dicembre a New Delhi.
Campo Prova Punjab è il nome del Progetto realizzato da Unioncamere Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna, FederUnacoma (Federazione Nazionale Costruttori Macchine per l’Agricoltura) e IICCI (Indo-Italian Chamber Of Commerce & Industry). L’obiettivo è far conoscere agli operatori indiani le macchine e attrezzature per l’agricoltura, la componentistica e i macchinari per l’agroindustria e il food processing prodotti in Emilia-Romagna.
Il progetto è stato presentato lo scorso novembre a Bologna e in questi giorni le 21 imprese coinvolte (14 delle quali emiliano-romagnole) hanno inviato a Punjab, location selezionata per l’iniziativa, i propri macchinari. Le dimostrazioni programmate per i giorni 15 e 16 marzo, si svolgeranno presso l’azienda agricola sperimentale University Farm Ladhowal, nella città di Ludhianna e saranno finalizzate alla promozione e alla commercializzazione del prodotto italiano in loco. «La cooperazione con l’India – afferma il modenese Massimo Goldoni, presidente FederUnacoma - rappresenta una delle priorità nelle politiche di internazionalizzazione delle nostre imprese. Il mercato indiano assorbe ormai un numero di 450 mila trattrici annue, superiore a quello della Cina, pari a tre volte quello dell’intera Europa comunitaria e a cinque volte quello degli Stati Uniti, rappresentando per le nostre imprese una formidabile opportunità».
A seguire, una serie di incontri business-to-business tra aziende italiane e indiane del settore (importatori, distributori, produttori di macchinari e componentistica) curati dalla Indo-Italian Chamber Of Commerce & Industry. La realizzazione di un “Centro di dimostrazione permanente” nell’Università di Punjab verterà sulla formazione di tecnici indiani per gettare le basi di una collaborazione tecnica e di una graduale penetrazione commerciale nel mercato indiano. Per concludere è prevista la partecipazione congiunta delle imprese dei due paesi alla fiera Eima Agrimach India 2013, che si svolgerà dal 5 al 7 dicembre a New Delhi.
mercoledì 20 febbraio 2013
India e Gran Bretagna: partner speciali
Seconda visita ufficiale in India per il premier David Cameron che auspica un futuro di cooperazione tra i due paesi. Nonostante lo scandalo Finmeccanica.
La visita di tre giorni in Asia è partita dall’India all’insegna della cooperazione economica-commerciale. Collaborare alle indagini nella vicenda Finmeccanica e diventare "partner economici speciali": è l'offerta lanciata lo scorso 18 febbraio dal Primo Ministro inglese David Cameron alla sua controparte indiana Manmohan Singh. Aprire agli investitori stranieri i campi delle assicurazioni, delle banche e delle vendite al minuto, semplificare le procedure di investimento e facilitare le attività delle imprese straniere sono alcuni inviti lanciati al Presidente indiano. In cima all’agenda degli incontri, il tentativo di proporre ai vertici di New Delhi, il caccia Eurofighter-Typhoon al cui consorzio, di cui fa parte anche l'Italia, partecipa la britannica Bae Systems. L’ostacolo per ora rimane l’annunciata intenzione indiana di acquistare dalla Francia 126 esemplari del caccia Rafale, per un costo stimato di 14 miliardi di dollari. Quella di Cameron è la seconda visita ufficiale dall'inizio del suo mandato. Per sottolineare il legame che da sempre scorre tra le due nazioni, l'inquilino di Downing Street è giunto in India con una poderosa delegazione, formata da oltre cento tra imprenditori, rappresentanti del mondo dell'università e parlamentari. Il Premier ha infatti dichiarato alla stampa indiana:"Ho voluto portare con me la più grande delegazione d'affari che abbia mai lasciato le coste inglesi e sono fiero di averla portata proprio qui, per sancire il legame tra i nostri Paesi".
La visita di tre giorni in Asia è partita dall’India all’insegna della cooperazione economica-commerciale. Collaborare alle indagini nella vicenda Finmeccanica e diventare "partner economici speciali": è l'offerta lanciata lo scorso 18 febbraio dal Primo Ministro inglese David Cameron alla sua controparte indiana Manmohan Singh. Aprire agli investitori stranieri i campi delle assicurazioni, delle banche e delle vendite al minuto, semplificare le procedure di investimento e facilitare le attività delle imprese straniere sono alcuni inviti lanciati al Presidente indiano. In cima all’agenda degli incontri, il tentativo di proporre ai vertici di New Delhi, il caccia Eurofighter-Typhoon al cui consorzio, di cui fa parte anche l'Italia, partecipa la britannica Bae Systems. L’ostacolo per ora rimane l’annunciata intenzione indiana di acquistare dalla Francia 126 esemplari del caccia Rafale, per un costo stimato di 14 miliardi di dollari. Quella di Cameron è la seconda visita ufficiale dall'inizio del suo mandato. Per sottolineare il legame che da sempre scorre tra le due nazioni, l'inquilino di Downing Street è giunto in India con una poderosa delegazione, formata da oltre cento tra imprenditori, rappresentanti del mondo dell'università e parlamentari. Il Premier ha infatti dichiarato alla stampa indiana:"Ho voluto portare con me la più grande delegazione d'affari che abbia mai lasciato le coste inglesi e sono fiero di averla portata proprio qui, per sancire il legame tra i nostri Paesi".
lunedì 18 febbraio 2013
Dumping fotovoltaico: USA vs India
Gli States accusano l’India di concorrenza sleale nel settore dell’energia solare. L’India ribatte denunciando le banche per finanziamenti agevolati solo alle tecnologie USA.
L’India nel mirino americano per dumping. Il governo americano ha infatti deciso di avanzare presso la World Trade Organization una richiesta di arbitrato in merito ai sussidi elargiti dalle istituzioni indiane ai propri produttori di celle e moduli fotovoltaici. Nel dettaglio l’India avrebbe erogato fondi ai propri produttori del settore, mossa ritenuta discriminatoria e nociva dagli States. Ron Kirk, rappresentante degli affari commerciali degli States, ha così spiegato la denuncia: "Voglio essere chiaro: gli Stati Uniti sostengono con forza il rapido sviluppo dell'energia solare in tutto il mondo, anche in India. Purtroppo, le politiche discriminatorie nel suo programma solare nazionale danneggiano questa cooperazione di successo, aumentano il costo dell'energia pulita, e minano i progressi verso il nostro obiettivo comune”.
L’India dal canto suo rilancia accusando gli USA di voler soffocare il mercato indiano del solare già in grave crisi a causa del calo della domanda. La Convenzione Quadro ONU sui Cambiamenti climatici prevede infatti un fondo di circa 30 mld di dollari per supportare i Paesi in Via di Sviluppo. Secondo però un’indagine condotta dal Centre for Science and Environment di New Delhi, i due finanziatori, la Exim Bank e l’Overseas Private Investment Corporation, concederebbero prestiti a condizioni agevolate solo agli investitori con tecnologie americane.
“I tassi d'interesse offerti dalla Ex-Im Bank per finanziare i progetti americani – ha denunciato Hari Manoharan, dell’Indian RESolve Energy Consultants – sono a dir poco favorevoli: questo succede perché si vuole direzionare il mercato indiano, in modo che premi alcune compagnie che hanno un grosso potere, come la First Solar”. Adesso il WTO deciderà se accogliere ed esaminare la richiesta americana contro l’India o, al contrario, se considerare più importanti quelle dell’India contro gli Stati Uniti, presentate nel novembre 2012.
L’India nel mirino americano per dumping. Il governo americano ha infatti deciso di avanzare presso la World Trade Organization una richiesta di arbitrato in merito ai sussidi elargiti dalle istituzioni indiane ai propri produttori di celle e moduli fotovoltaici. Nel dettaglio l’India avrebbe erogato fondi ai propri produttori del settore, mossa ritenuta discriminatoria e nociva dagli States. Ron Kirk, rappresentante degli affari commerciali degli States, ha così spiegato la denuncia: "Voglio essere chiaro: gli Stati Uniti sostengono con forza il rapido sviluppo dell'energia solare in tutto il mondo, anche in India. Purtroppo, le politiche discriminatorie nel suo programma solare nazionale danneggiano questa cooperazione di successo, aumentano il costo dell'energia pulita, e minano i progressi verso il nostro obiettivo comune”.
L’India dal canto suo rilancia accusando gli USA di voler soffocare il mercato indiano del solare già in grave crisi a causa del calo della domanda. La Convenzione Quadro ONU sui Cambiamenti climatici prevede infatti un fondo di circa 30 mld di dollari per supportare i Paesi in Via di Sviluppo. Secondo però un’indagine condotta dal Centre for Science and Environment di New Delhi, i due finanziatori, la Exim Bank e l’Overseas Private Investment Corporation, concederebbero prestiti a condizioni agevolate solo agli investitori con tecnologie americane.
“I tassi d'interesse offerti dalla Ex-Im Bank per finanziare i progetti americani – ha denunciato Hari Manoharan, dell’Indian RESolve Energy Consultants – sono a dir poco favorevoli: questo succede perché si vuole direzionare il mercato indiano, in modo che premi alcune compagnie che hanno un grosso potere, come la First Solar”. Adesso il WTO deciderà se accogliere ed esaminare la richiesta americana contro l’India o, al contrario, se considerare più importanti quelle dell’India contro gli Stati Uniti, presentate nel novembre 2012.
martedì 12 febbraio 2013
Finmeccanica: tangenti al governo indiano
Arrestati i vertici di Finmeccanica con l’accusa di corruzione internazionale: 51 milioni di tangenti per la vendita di elicotteri all’India.
Due ordinanze di custodia cautelare sono state disposte nelle scorse ore dalla procura di Busto Arsizio, in carcere nei confronti del presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi e ai domiciliari per l’amministratore delegato di AugustaWestland Bruno Spagnolini. I provvedimenti rientrano nel presunto caso di corruzione internazionale sulla vendita di elicotteri Augusta Westland al Ministero della difesa indiano. L’inchiesta, approdata all’inizio della scorsa estate a Busto Arsizio dalla procura di Napoli, riguarda l’appalto ottenuto nel 2010, per la fornitura di 12 elicotteri Augusta Westland, controllata da Finmeccanica e amministrata al tempo da Orsi. Un affare da 556 milioni di euro, di cui, secondo l’accusa, 51 usati per pagare tangenti per assicurarsi la commessa. A confessarlo, un ex responsabile delle relazioni esterne del gruppo, Lorenzo Borgogni, secondo cui 10 di quei 51 milioni sarebbero poi finito nelle casse della Lega Nord. Il Carroccio ha smentito ogni tipo di coinvolgimento e lo scorso settembre ha depositato, nella procura di Busto Arsizio, una denuncia per calunnia nei confronti di Borgogni.
Immediate le ripercussioni in Borsa dove il titolo di Finmeccanica non riesce a fare prezzo per la forte corrente di vendite e si attesta in asta di volatilità con un calo teorico del 14%.
Due ordinanze di custodia cautelare sono state disposte nelle scorse ore dalla procura di Busto Arsizio, in carcere nei confronti del presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi e ai domiciliari per l’amministratore delegato di AugustaWestland Bruno Spagnolini. I provvedimenti rientrano nel presunto caso di corruzione internazionale sulla vendita di elicotteri Augusta Westland al Ministero della difesa indiano. L’inchiesta, approdata all’inizio della scorsa estate a Busto Arsizio dalla procura di Napoli, riguarda l’appalto ottenuto nel 2010, per la fornitura di 12 elicotteri Augusta Westland, controllata da Finmeccanica e amministrata al tempo da Orsi. Un affare da 556 milioni di euro, di cui, secondo l’accusa, 51 usati per pagare tangenti per assicurarsi la commessa. A confessarlo, un ex responsabile delle relazioni esterne del gruppo, Lorenzo Borgogni, secondo cui 10 di quei 51 milioni sarebbero poi finito nelle casse della Lega Nord. Il Carroccio ha smentito ogni tipo di coinvolgimento e lo scorso settembre ha depositato, nella procura di Busto Arsizio, una denuncia per calunnia nei confronti di Borgogni.
Immediate le ripercussioni in Borsa dove il titolo di Finmeccanica non riesce a fare prezzo per la forte corrente di vendite e si attesta in asta di volatilità con un calo teorico del 14%.
venerdì 8 febbraio 2013
L’India rallenta
L’India frena la sua crescita e si allontana dal Pil cinese. All’orizzonte tagli al welfare e alle infrastrutture.
Riviste le stime di crescita del Pil indiano per l’anno fiscale in corso, che si chiuderà il 31 marzo: dal 5,8% di dicembre 2012 al 5%, un minimo che non si vedeva da 10 anni. I settori più toccati dal rallentamento sono: l'output agricolo, che doveva crescere del 3,6%, causa monsoni sfavorevoli, ha visto calare le aspettative all’1,8%; quello manifatturiero dal 2,7% all’1,9%; quello dei servizi dall’8,2% di un anno fa al 6,6%.
I dati deludenti si rifletteranno sulla presentazione del budget 2013-14, programmata il prossimo 28 febbraio, con una riduzione della spesa pubblica al 4% (contro l’8,6% di un anno fa) che a sua volta, si tradurrà in tagli al welfare e alle infrastrutture stradali. Analogo pessimismo per il deficit atteso che si attesta oggi al 5.6% del Pil contro l’iniziale 5,1%.
E se al primo Ministro Singh e al Ministro delle Finanze P. Chidambaram spetta l’arduo compito di compensare i tagli con il rilancio dell’economia, la Reserve Bank of India non ha esitato a tagliare lo scorso gennaio i tassi d'interesse di un quarto di punto al 7,75% dopo 9 mesi di immobilismo. Una manovra che tuttavia ha margini limitati. Pochi giorni fa infatti il Fondo monetario internazionale ha ammonito che, a causa di deficit e inflazione elevati, «l'economia si trova in una posizione più debole che prima della crisi» e che «è consigliabile mantenere gli attuali tassi fino a che i livelli dei prezzi non saranno chiaramente in flessione».
Riviste le stime di crescita del Pil indiano per l’anno fiscale in corso, che si chiuderà il 31 marzo: dal 5,8% di dicembre 2012 al 5%, un minimo che non si vedeva da 10 anni. I settori più toccati dal rallentamento sono: l'output agricolo, che doveva crescere del 3,6%, causa monsoni sfavorevoli, ha visto calare le aspettative all’1,8%; quello manifatturiero dal 2,7% all’1,9%; quello dei servizi dall’8,2% di un anno fa al 6,6%.
I dati deludenti si rifletteranno sulla presentazione del budget 2013-14, programmata il prossimo 28 febbraio, con una riduzione della spesa pubblica al 4% (contro l’8,6% di un anno fa) che a sua volta, si tradurrà in tagli al welfare e alle infrastrutture stradali. Analogo pessimismo per il deficit atteso che si attesta oggi al 5.6% del Pil contro l’iniziale 5,1%.
E se al primo Ministro Singh e al Ministro delle Finanze P. Chidambaram spetta l’arduo compito di compensare i tagli con il rilancio dell’economia, la Reserve Bank of India non ha esitato a tagliare lo scorso gennaio i tassi d'interesse di un quarto di punto al 7,75% dopo 9 mesi di immobilismo. Una manovra che tuttavia ha margini limitati. Pochi giorni fa infatti il Fondo monetario internazionale ha ammonito che, a causa di deficit e inflazione elevati, «l'economia si trova in una posizione più debole che prima della crisi» e che «è consigliabile mantenere gli attuali tassi fino a che i livelli dei prezzi non saranno chiaramente in flessione».
mercoledì 6 febbraio 2013
La tecnologia italiana al servizio del tessile indiano
Firmato un accordo per la fornitura di macchine tessili italiane alle aziende indiane. Una nuova iniziativa del progetto “Machines Italia in India”.
Una nuova iniziativa consolida la partnership tra le aziende italiane e quelle indiane. È stato infatti siglato pochi giorni un accordo tra l'Associazione Italiana Costruttori Macchine Tessile (ACIMIT) e il DKTE'S Textile & Engineering Institute, Ichalkaranji Dist. Kolhapaur, Maharashtra per la creazione di un Centro di Tecnologia italiana a favore del settore tessile in India.
Nel dettaglio il progetto prevede: la fornitura a titolo gratuito di macchine tessili italiane per un periodo massimo di 3 anni, l’attività di formazione fornita dalle stesse aziende italiane aderenti all'iniziativa, la distribuzione del manuale di tecnologia digitale di ACIMIT e l'assegnazione di borse di studio a tre studenti selezionati da un comitato di docenti DKTE.
Il centro di formazione si inserisce nella più ampia iniziativa denominata “Machines Italia in India” finanziata dal Ministero dello Sviluppo Economico e organizzata da Federmacchine per sostenere l’internazionalizzazione delle imprese di settore.
Grandi le aspettative nutrite nei confronti del mercato indiano. Sandro Salmoiraghi, Presidente di ACIMIT dichiara “Il mercato in India è attualmente la terza destinazione più importante per le nostre esportazioni (rispetto al primo semestre del 2012, abbiamo esportato 58 milioni di € di macchinari). Questa iniziativa mira ad aumentare la consapevolezza di tutti, con una sinergia importante con aziende tessili del territorio, e il mondo accademico. I benefici in termini di immagine si faranno sentire non solo per le singoli imprese partecipanti italiane fornitrici di macchine, ma per l'intero settore tessile in Italia.”
Una nuova iniziativa consolida la partnership tra le aziende italiane e quelle indiane. È stato infatti siglato pochi giorni un accordo tra l'Associazione Italiana Costruttori Macchine Tessile (ACIMIT) e il DKTE'S Textile & Engineering Institute, Ichalkaranji Dist. Kolhapaur, Maharashtra per la creazione di un Centro di Tecnologia italiana a favore del settore tessile in India.
Nel dettaglio il progetto prevede: la fornitura a titolo gratuito di macchine tessili italiane per un periodo massimo di 3 anni, l’attività di formazione fornita dalle stesse aziende italiane aderenti all'iniziativa, la distribuzione del manuale di tecnologia digitale di ACIMIT e l'assegnazione di borse di studio a tre studenti selezionati da un comitato di docenti DKTE.
Il centro di formazione si inserisce nella più ampia iniziativa denominata “Machines Italia in India” finanziata dal Ministero dello Sviluppo Economico e organizzata da Federmacchine per sostenere l’internazionalizzazione delle imprese di settore.
Grandi le aspettative nutrite nei confronti del mercato indiano. Sandro Salmoiraghi, Presidente di ACIMIT dichiara “Il mercato in India è attualmente la terza destinazione più importante per le nostre esportazioni (rispetto al primo semestre del 2012, abbiamo esportato 58 milioni di € di macchinari). Questa iniziativa mira ad aumentare la consapevolezza di tutti, con una sinergia importante con aziende tessili del territorio, e il mondo accademico. I benefici in termini di immagine si faranno sentire non solo per le singoli imprese partecipanti italiane fornitrici di macchine, ma per l'intero settore tessile in Italia.”
lunedì 4 febbraio 2013
L’Oréal inaugura due poli R&S
Il gruppo francese apre laboratori a Mumbai e Bangalore. Investimento previsto: 140 milioni di euro dal 2011 al 2016.
L’Oréal preme l’acceleratore in India e punta sull’innovazione. L’Azienda beauty con le migliori performance del subcontinente ha da poco inaugurato un centro di ricerca che studierà la pelle e i capelli indiani e le aspettative del pubblico indiano in materia di bellezza. Il centro è articolato nel polo di sviluppo del prodotto di Mumbai e in quello di ricerca avanzata a Bangalore. Con i suoi 5 mila mq di superficie, il centro di Mumbai si focalizzerà su studi clinici di pelle e capelli locali, traducendo le richieste di mercato in prodotti innovativi. A Bangalore invece la ricerca sarà rivolta agli ingredienti attivi in grado di contrastare problemi alla pigmentazione e al cuoio capelluto e si parla di cento nuove assunzioni previste entro l’anno, tra ricercatori e scienziati indiani. «Questo nuovo polo di ricerca e innovazione – dichiara Jean Paul Agon, presidente e ceo di L’Oréal – testimonia la nostra fiducia nel grande potenziale di quest'area e il nostro forte interesse nel Paese in linea con la nostra strategia di adattare i nostri marchi globali alle esigenze specifiche di ogni cultura».
Presente in India da 18 anni con 15 marchi internazionali e 1230 persone occupate, L’Oréal si conferma gruppo leader nel settore con un fatturato che lo scorso anno ha toccato i 230 milioni di euro a un tasso di crescita del 20% rispetto al 2011. “Con una tra le crescite maggiori del gruppo nell'area dell'Asia pacifica – conferma Agon– l'India è un mercato chiave per realizzare il nostro obiettivo di raggiungere un miliardo di nuovi consumatori».
L’Oréal preme l’acceleratore in India e punta sull’innovazione. L’Azienda beauty con le migliori performance del subcontinente ha da poco inaugurato un centro di ricerca che studierà la pelle e i capelli indiani e le aspettative del pubblico indiano in materia di bellezza. Il centro è articolato nel polo di sviluppo del prodotto di Mumbai e in quello di ricerca avanzata a Bangalore. Con i suoi 5 mila mq di superficie, il centro di Mumbai si focalizzerà su studi clinici di pelle e capelli locali, traducendo le richieste di mercato in prodotti innovativi. A Bangalore invece la ricerca sarà rivolta agli ingredienti attivi in grado di contrastare problemi alla pigmentazione e al cuoio capelluto e si parla di cento nuove assunzioni previste entro l’anno, tra ricercatori e scienziati indiani. «Questo nuovo polo di ricerca e innovazione – dichiara Jean Paul Agon, presidente e ceo di L’Oréal – testimonia la nostra fiducia nel grande potenziale di quest'area e il nostro forte interesse nel Paese in linea con la nostra strategia di adattare i nostri marchi globali alle esigenze specifiche di ogni cultura».
Presente in India da 18 anni con 15 marchi internazionali e 1230 persone occupate, L’Oréal si conferma gruppo leader nel settore con un fatturato che lo scorso anno ha toccato i 230 milioni di euro a un tasso di crescita del 20% rispetto al 2011. “Con una tra le crescite maggiori del gruppo nell'area dell'Asia pacifica – conferma Agon– l'India è un mercato chiave per realizzare il nostro obiettivo di raggiungere un miliardo di nuovi consumatori».
lunedì 28 gennaio 2013
Raddoppio degli utili per la Maruti-Suzuki
Il quarto trimestre 2012 si chiude con un raddoppio dell’utile netto per il gruppo automobilistico indiano.
Finalmente una buona notizia per la Maruti Suzuki che dopo 18 mesi di stallo torna a crescere. Nel quarto trimestre 2012 infatti il gruppo indiano, leader nel settore dell’auto, ha raggiunto un utile di 5,01 miliardi di rupie, pari a circa 69 milioni di euro. Non di meno, il fatturato è lievitato del 46%, a 109,6 miliardi di rupie. Il gruppo, che per il 46% è detenuto dalla giapponese Suzuki, ha spiegato che «la crescita è legata in primo luogo a un miglioramento delle vendite e alla buona accoglienza dei nostri nuovi modelli». A seguito della notizia la Borsa di Bombay ha risposto con un rialzo del 4% del titolo Maruti Suzuki.
Se per il gruppo automobilistico numero uno del paese gli affari stanno andando bene, altrettanto non si può dire del mercato dell’auto nel suo complesso. Nell’ultimo anno è stato protagonista di un marcato rallentamento dovuto ad una pesante inflazione, all’aumento dei prezzi del carburante e al rialzo del denaro preso in prestito. Le previsioni di crescita dei costruttori indiano hanno subito un deciso ridimensionamento e l’aumento ipotizzato delle nuove immatricolazioni è passato dal 10-12% all’1-3% .
Finalmente una buona notizia per la Maruti Suzuki che dopo 18 mesi di stallo torna a crescere. Nel quarto trimestre 2012 infatti il gruppo indiano, leader nel settore dell’auto, ha raggiunto un utile di 5,01 miliardi di rupie, pari a circa 69 milioni di euro. Non di meno, il fatturato è lievitato del 46%, a 109,6 miliardi di rupie. Il gruppo, che per il 46% è detenuto dalla giapponese Suzuki, ha spiegato che «la crescita è legata in primo luogo a un miglioramento delle vendite e alla buona accoglienza dei nostri nuovi modelli». A seguito della notizia la Borsa di Bombay ha risposto con un rialzo del 4% del titolo Maruti Suzuki.
Se per il gruppo automobilistico numero uno del paese gli affari stanno andando bene, altrettanto non si può dire del mercato dell’auto nel suo complesso. Nell’ultimo anno è stato protagonista di un marcato rallentamento dovuto ad una pesante inflazione, all’aumento dei prezzi del carburante e al rialzo del denaro preso in prestito. Le previsioni di crescita dei costruttori indiano hanno subito un deciso ridimensionamento e l’aumento ipotizzato delle nuove immatricolazioni è passato dal 10-12% all’1-3% .
giovedì 24 gennaio 2013
Greenway: vince il premio innovazione 2012
La start up indiana si aggiudica l’Intel Global Challenge grazie ad una nuova stufa. Ecosostenibile ed economica.
Si chiama Smart Stove e costa solo 23 dollari. La nuova stufa progettata dalla start up più innovativa dell’India oltre ad essere economica è anche sostenibile sotto l’aspetto ambientale. Non inquina, non produce fumo e mette al riparo dal pericolo di intossicazione. E proprio queste due peculiarità hanno valso all’azienda il premio di 50 mila dollari dell’Intel Global Challenge. La mancanza di sicurezza nei sistemi di riscaldamento e di cottura dei cibi è un problema diffuso nel subcontinente indiano e più in generale nel paesi in via di sviluppo. Come spiega Neha Juneja, “In India, la famiglia media ha tre smartphone, ma cucina con stufe a legna che causano due milioni di morti per intossicazione da fumi”.
La stufa da cucina efficiente è dotata di un generatore d’aria che permette una combustione pulita ed può essere alimentata usando biomasse come legname e scarti agricoli. Secondo gli ideatori sarebbe in grado di generare l’80% di fumo e di consumare il 65% di carburante in meno rispetto alle soluzioni finora adottate in India.
E se i 50 mila dollari consentiranno alla nuova stufa di raggiungere il mercato indiano in breve tempo, i progetti della Grenway non si fermano qui. In cantiere c’è già un nuovo modello di stufa termoelettrica che punta a sostituire i modelli più pericolosi ma attualmente di uso comune. Per cambiare il mondo spendendo poco.
Si chiama Smart Stove e costa solo 23 dollari. La nuova stufa progettata dalla start up più innovativa dell’India oltre ad essere economica è anche sostenibile sotto l’aspetto ambientale. Non inquina, non produce fumo e mette al riparo dal pericolo di intossicazione. E proprio queste due peculiarità hanno valso all’azienda il premio di 50 mila dollari dell’Intel Global Challenge. La mancanza di sicurezza nei sistemi di riscaldamento e di cottura dei cibi è un problema diffuso nel subcontinente indiano e più in generale nel paesi in via di sviluppo. Come spiega Neha Juneja, “In India, la famiglia media ha tre smartphone, ma cucina con stufe a legna che causano due milioni di morti per intossicazione da fumi”.
La stufa da cucina efficiente è dotata di un generatore d’aria che permette una combustione pulita ed può essere alimentata usando biomasse come legname e scarti agricoli. Secondo gli ideatori sarebbe in grado di generare l’80% di fumo e di consumare il 65% di carburante in meno rispetto alle soluzioni finora adottate in India.
E se i 50 mila dollari consentiranno alla nuova stufa di raggiungere il mercato indiano in breve tempo, i progetti della Grenway non si fermano qui. In cantiere c’è già un nuovo modello di stufa termoelettrica che punta a sostituire i modelli più pericolosi ma attualmente di uso comune. Per cambiare il mondo spendendo poco.
martedì 22 gennaio 2013
Oro e platino: tasse sull’import al 6%
Il governo indiano aumenta i dazi nel tentativo di arginare il deficit commerciale. Ma non tutti concordano sugli esiti previsti.
La possibilità di un rialzo delle tasse sull’import di oro era stata avanzata dal governo di New Dehli appena tre settimane fa e da ieri è realtà. Con effetto immediato si passerà dal 4% al 6% non solo per il metallo giallo ma anche per le importazioni di platino. La misura tenta di frenare la crescita del deficit indiano, provocato , secondo la Banca centrale, per l’80% proprio dall’oro di cui il Paese, insieme all’India, è il principale consumatore e importatore.
Le cifre confermerebbero le intuizioni di New Dehli. A fronte dell’impennata del deficit nazionale del primo trimestre 2012, cha ha toccato il record di 22,3 miliardi di dollari, cioè il 5,4% del Pil indiano, è stata riscontrato un boom nell’acquisto di oro, salito a 223 tonn (+9%).
Per sostenere il settore orafo il rialzo della tassa sarà accompagnato da un'attenuazione dei vincoli di custodia di oro a fronte di Etf. «Una parte dell'oro custodito dalle banche potrà così essere rimesso in circolazione per soddisfarne almeno parzialmente le necessità», ha spiegato il sottosegretario agli Affari economici Arvind.
Quale l’impatto sull’economia nazionale? Diverse le opinioni al riguardo. Secondo Bachhraj Bamalwa, presidente dell'All India Gems & Jewellery Trade Federation, l’import del prezioso metallo potrebbe subire un calo del 20-25%, mentre Marcus Grubb, managing director del World Gold Council, si rivela meno drastico e dichiara “ L’india è un Paese in cui l'oro è molto radicato nella cultura. Inoltre, la gente non ha molti altri strumenti per investire, se non i gioielli, che molti vendono e ricomprano anche nell'arco di pochi mesi e per un guadagno limitato”.
La possibilità di un rialzo delle tasse sull’import di oro era stata avanzata dal governo di New Dehli appena tre settimane fa e da ieri è realtà. Con effetto immediato si passerà dal 4% al 6% non solo per il metallo giallo ma anche per le importazioni di platino. La misura tenta di frenare la crescita del deficit indiano, provocato , secondo la Banca centrale, per l’80% proprio dall’oro di cui il Paese, insieme all’India, è il principale consumatore e importatore.
Le cifre confermerebbero le intuizioni di New Dehli. A fronte dell’impennata del deficit nazionale del primo trimestre 2012, cha ha toccato il record di 22,3 miliardi di dollari, cioè il 5,4% del Pil indiano, è stata riscontrato un boom nell’acquisto di oro, salito a 223 tonn (+9%).
Per sostenere il settore orafo il rialzo della tassa sarà accompagnato da un'attenuazione dei vincoli di custodia di oro a fronte di Etf. «Una parte dell'oro custodito dalle banche potrà così essere rimesso in circolazione per soddisfarne almeno parzialmente le necessità», ha spiegato il sottosegretario agli Affari economici Arvind.
Quale l’impatto sull’economia nazionale? Diverse le opinioni al riguardo. Secondo Bachhraj Bamalwa, presidente dell'All India Gems & Jewellery Trade Federation, l’import del prezioso metallo potrebbe subire un calo del 20-25%, mentre Marcus Grubb, managing director del World Gold Council, si rivela meno drastico e dichiara “ L’india è un Paese in cui l'oro è molto radicato nella cultura. Inoltre, la gente non ha molti altri strumenti per investire, se non i gioielli, che molti vendono e ricomprano anche nell'arco di pochi mesi e per un guadagno limitato”.
lunedì 21 gennaio 2013
India: ecco dove investire
Pubblicato “l’Economic Freedom Rankings for the States of India”, un rapporto che indica gli Stati Indiani in cui è più facile fare impresa.
In arrivo un utile strumento per gli investitori che puntano al complesso mercato indiano.
La terza potenza economica asiatica, infatti, con i suoi 3,2 milioni di chilometri quadrati di superficie divisi in 28 Stati e 7 Territori, rappresenta per molti imprenditori un grande rebus.
L’iniziativa si deve al Cato Institute di Washington, all’Indicus Analytics di New Delhi e al Friedrich Naumann Siftung di Potsdam, che sulla base di tre parametri (dimensioni e costi della macchina statale; legalità, sicurezza e tutela della proprietà; norme sul lavoro e clima per gli affari) hanno pubblicato la classifica degli Stati più appetibili per investimenti.
Al primo posto dell’Economic Freedom Rankings for the States of India si trova il Gujarat, che, affacciato sul Mare Arabico, è forte della sua invidiabile collocazione geografica e delle politiche imprenditoriali intraprese dal suo chief minister Narenda Modi. «Gli Stati indiani che sono economicamente più liberi - si legge nel rapporto - sono anche quelli con gli indicatori migliori in termini di crescita, livelli occupazionali, condizioni sanitarie e flussi di investimento».
Sotto l’aspetto del contenimento dei costi e della non invasività della macchina statale il primato se lo aggiudica l'Haryana, nell’India del nord, che negli ultimi anni è riuscito ad attirare forti investimenti nei settori dei servizi e manifatturiero.
Madhya Pradesh vince invece per legalità e sicurezza, rivelandosi lo Stato meglio governato del subcontinente, con la più bassa incidenza di crimini contro la proprietà.
In arrivo un utile strumento per gli investitori che puntano al complesso mercato indiano.
La terza potenza economica asiatica, infatti, con i suoi 3,2 milioni di chilometri quadrati di superficie divisi in 28 Stati e 7 Territori, rappresenta per molti imprenditori un grande rebus.
L’iniziativa si deve al Cato Institute di Washington, all’Indicus Analytics di New Delhi e al Friedrich Naumann Siftung di Potsdam, che sulla base di tre parametri (dimensioni e costi della macchina statale; legalità, sicurezza e tutela della proprietà; norme sul lavoro e clima per gli affari) hanno pubblicato la classifica degli Stati più appetibili per investimenti.
Al primo posto dell’Economic Freedom Rankings for the States of India si trova il Gujarat, che, affacciato sul Mare Arabico, è forte della sua invidiabile collocazione geografica e delle politiche imprenditoriali intraprese dal suo chief minister Narenda Modi. «Gli Stati indiani che sono economicamente più liberi - si legge nel rapporto - sono anche quelli con gli indicatori migliori in termini di crescita, livelli occupazionali, condizioni sanitarie e flussi di investimento».
Sotto l’aspetto del contenimento dei costi e della non invasività della macchina statale il primato se lo aggiudica l'Haryana, nell’India del nord, che negli ultimi anni è riuscito ad attirare forti investimenti nei settori dei servizi e manifatturiero.
Madhya Pradesh vince invece per legalità e sicurezza, rivelandosi lo Stato meglio governato del subcontinente, con la più bassa incidenza di crimini contro la proprietà.
giovedì 17 gennaio 2013
Vodafone India si colora di green
La società di telecomunicazioni ha pubblicato il secondo Sustainability Report. Parole d’ordine: sostenibilità e green tech.
Dopo il conferimento, nello scorso dicembre, del premio ‘Green Telecom Company of the Year 2012’, Vodafone India conferma la propria sensibilità ambientale con la pubblicazione di Footprints II, il secondo report sulla sostenibilità del proprio modello di business. Le linee guida tracciate dal secondo operatore telefonico del Paese puntano a rendere più sostenibile l’industria delle telecomunicazioni e ad innalzare i green standard sia a livello tecnologico, sia nelle strutture adibite ad uffici e dislocate nelle grandi città indiane. I cambiamenti suggeriti dal rapporto riguardano management practice più dirette, l’immediato taglio ai consumi energetici in ufficio del 5%, l’utilizzo di piattaforme di videoconference per evitare spostamenti inutili di persone e di macchine (evitando di inquinare e di alimentare il traffico cittadino), la diffusione del cloud computing nelle proprie strutture e la sostituzione del parco autoveicoli dell’azienda con i nuovi mezzi elettrici. Aderendo allo slogan “ what is good for the society is also good for the business” , Marten Pieters, Managing Director & Ceo di Vodafone India ha dichiarato che l’azienda ha tutte le intenzioni di “integrare il proprio piano di crescita con quello del Paese, contribuendo ad un nuovo modello di sviluppo più rispettoso dell’ambiente e delle persone”. Vodafone non è la sola ad avere intrapreso la strada della green economy e il suo piano di sviluppo si inserisce nel più ampio piano di investimenti infrastrutturali varati dal governo di Nuova Dehli propedeutico alla nascita di oltre 20 Smart City distribuite in tuttto il subcontinente.
Dopo il conferimento, nello scorso dicembre, del premio ‘Green Telecom Company of the Year 2012’, Vodafone India conferma la propria sensibilità ambientale con la pubblicazione di Footprints II, il secondo report sulla sostenibilità del proprio modello di business. Le linee guida tracciate dal secondo operatore telefonico del Paese puntano a rendere più sostenibile l’industria delle telecomunicazioni e ad innalzare i green standard sia a livello tecnologico, sia nelle strutture adibite ad uffici e dislocate nelle grandi città indiane. I cambiamenti suggeriti dal rapporto riguardano management practice più dirette, l’immediato taglio ai consumi energetici in ufficio del 5%, l’utilizzo di piattaforme di videoconference per evitare spostamenti inutili di persone e di macchine (evitando di inquinare e di alimentare il traffico cittadino), la diffusione del cloud computing nelle proprie strutture e la sostituzione del parco autoveicoli dell’azienda con i nuovi mezzi elettrici. Aderendo allo slogan “ what is good for the society is also good for the business” , Marten Pieters, Managing Director & Ceo di Vodafone India ha dichiarato che l’azienda ha tutte le intenzioni di “integrare il proprio piano di crescita con quello del Paese, contribuendo ad un nuovo modello di sviluppo più rispettoso dell’ambiente e delle persone”. Vodafone non è la sola ad avere intrapreso la strada della green economy e il suo piano di sviluppo si inserisce nel più ampio piano di investimenti infrastrutturali varati dal governo di Nuova Dehli propedeutico alla nascita di oltre 20 Smart City distribuite in tuttto il subcontinente.
martedì 15 gennaio 2013
Uva: le esportazioni in Europa aumentano ma con nuove regole
Il 2012 ha segnato una crescita del commercio di uva da
tavola indiana verso l’Europa. I requisiti da gennaio 2013 si fanno però più
stringenti.
Il
2012 si chiude bene per il commercio estero dell’uva da tavola indiana. Secondo
i dati forniti dall’Autorità Indiana per lo Sviluppo dell’Esportazione dei
Prodotti Agricoli ed Alimentari, l’esportazione è aumentata nei primi 6 mesi
del 2012 del 63,7% rispetto allo stesso periodo della stagione precedente e il
trend non ha rivelato cedimenti per il resto dell’anno. Destinazione principale
si è confermata l’Unione Europea, con in testa i Paesi Bassi, Regno Unito e
Svezia.
Da
gennaio 2013 i controlli sulle uve indiane si faranno più rigorosi e, a tal proposito,
sono state recentemente annunciate nuove regole per l’esportazione verso
l’Unione Europea. Come dichiarato dal Ministero del Commercio Indiano in una
recente nota, per l’export verrà da ora in poi richiesta la registrazione da
parte dell'Agricultural and Processed Food Products Export Development
Authority (APEDA), a garanzia degli standard sanitari e qualitativi. Negli
scorsi mesi infatti, diverse partite di uva, sono state respinte dalle autorità
europee a causa della presenza di residui chimici utilizzati per mantenere il
prodotto fresco. Il conservante contestato è il Clormequat, un fitoregolatore
il cui uso è attualmente limitato nell’EU solo ad alcuni cereali e piante
ornamentali e vietato da anni su uva e frutta da tavola.
Il fisco indaga su Nokia
Accertamenti in corso per 500 milioni di dollari.
Le autorità finanziarie indagano sugli uffici della Nokia a Chennai. Stando a quanto riportano Reuters e il Wall Street Journal, l’azienda finlandese è accusata di aver evaso circa 530 milioni di dollari, l’equivalente di 30 miliardi di rupie, al fisco nazionale. Al momento non c’è nessuna prova certa ma le autorità locali avrebbero visitato più volte, negli ultimi giorni, l’impianto alla ricerca di documenti probatori delle irregolarità erariali. Nokia ha negato ogni addebito e ha confermato di voler cooperare con le autorità fiscali.
Pesante l’impatto in borsa, dove al momento della notizia, il titolo Nokia ha perso il 2,3%, attestandosi a quota 3,20 euro.
L’operazione si inserisce nelle politiche di lotta all’evasione varate recentemente dal Ministro della Finanza P. Chidambaram e che puntano al risanamento del deficit pubblico.
Le autorità finanziarie indagano sugli uffici della Nokia a Chennai. Stando a quanto riportano Reuters e il Wall Street Journal, l’azienda finlandese è accusata di aver evaso circa 530 milioni di dollari, l’equivalente di 30 miliardi di rupie, al fisco nazionale. Al momento non c’è nessuna prova certa ma le autorità locali avrebbero visitato più volte, negli ultimi giorni, l’impianto alla ricerca di documenti probatori delle irregolarità erariali. Nokia ha negato ogni addebito e ha confermato di voler cooperare con le autorità fiscali.
Pesante l’impatto in borsa, dove al momento della notizia, il titolo Nokia ha perso il 2,3%, attestandosi a quota 3,20 euro.
L’operazione si inserisce nelle politiche di lotta all’evasione varate recentemente dal Ministro della Finanza P. Chidambaram e che puntano al risanamento del deficit pubblico.
giovedì 10 gennaio 2013
Indennizzi per investimenti gonfiati
Le autorità finanziarie puntano ad introdurre risarcimenti per Ipo “gonfiati”.
L’India punta a incentivare gli investimenti e ristabilire la fiducia degli azionisti attraverso un sistema di indennizzi in caso di Ipo (Initial Public Offering) che vedano cali superiori al 20%. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal “Nel Paese c’è l’idea che alcune Ipo siano state manipolate” , cioè che la prima offerta pubblica di titoli da parte di una società venga artificialmente gonfiata. Da qui la proposta dell’Autorità indiana di regolamentazione finanziaria di introdurre l’obbligo, per le imprese, di risarcire i piccoli azionisti fino a 500 mila rupie (circa 700 euro), in caso di forte calo del titolo dopo il debutto in Borsa. La misura risarcitoria, si applicherebbe a quelle azioni che, in un mercato stabile o in rialzo, arriveranno a perdere oltre il 20% rispetto al prezzo di offerta nei tre mesi dopo il collocamento. In caso, invece, di un ribasso del mercato, la misura varrebbe per quei titoli che perdono il 20% più dell'indice di riferimento. L’onere del rimborso spetterà direttamente ai manager delle imprese coinvolte che dovranno attingere ai patrimoni personali.
L’India punta a incentivare gli investimenti e ristabilire la fiducia degli azionisti attraverso un sistema di indennizzi in caso di Ipo (Initial Public Offering) che vedano cali superiori al 20%. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal “Nel Paese c’è l’idea che alcune Ipo siano state manipolate” , cioè che la prima offerta pubblica di titoli da parte di una società venga artificialmente gonfiata. Da qui la proposta dell’Autorità indiana di regolamentazione finanziaria di introdurre l’obbligo, per le imprese, di risarcire i piccoli azionisti fino a 500 mila rupie (circa 700 euro), in caso di forte calo del titolo dopo il debutto in Borsa. La misura risarcitoria, si applicherebbe a quelle azioni che, in un mercato stabile o in rialzo, arriveranno a perdere oltre il 20% rispetto al prezzo di offerta nei tre mesi dopo il collocamento. In caso, invece, di un ribasso del mercato, la misura varrebbe per quei titoli che perdono il 20% più dell'indice di riferimento. L’onere del rimborso spetterà direttamente ai manager delle imprese coinvolte che dovranno attingere ai patrimoni personali.
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