L’aggiornamento pubblicato negli scorsi giorni dal Fondo Monetario Internazionale ridimensiona le previsioni di crescita dell’India per i prossimi 2 anni.
I numeri delle correzioni a ribasso per l’India sono i più severi tra quelli relativi ai paesi emergenti. Il taglio preannunciato dal FMI per il tasso di crescita è dello 0,7%, al netto del quale il PIL si posizionerà intorno al 6,1%e al 6,5% rispettivamente per l’anno in corso e per il prossimo. Un ritmo che molti politici indiani ritengono insufficiente a garantire un effettivo percorso di sviluppo del paese, come ammesso dallo stesso primo ministro Singh che, all’inizio dell’anno, dichiarava “sarebbe errato concludere che l’India si trova stabilmente posizionata su un sentiero di rapida crescita”. Le nuove cifre appaiono in tutta la loro entità se paragonate a quelle dei PIL degli anni scorsi: 7,1% nel 2011 e 10,1% nel 2010 ma non bastano a scalzare l’India dal secondo posto nella classifica dei maggiori PIL tra i 4 Paesi BRIC, dove è seconda solo alla Cina.
Secondo gli addetti ai lavori, i principali fattori che frenano la crescita sono da imputare a un deficit pubblico crescente, una posizione internazionale debole, l’estrema povertà delle infrastrutture e alla corruzione dilagante all’interno della classe politica. Elementi, questi, non completamente nuovi nella storia indiana ma emersi in tutta la loro evidenza in un momento economico di minor liquidità.
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