In India l’aumento del costo del cibo, che ha segnato un + 15% da ottobre 2010 a gennaio 2011, getta sotto la soglia di povertà estrema altri 44 milioni di persone.
L’inflazione alimentare in India si attenua di poco dopo un anno da record, ma le preoccupazioni relative a un nuovo aumento dei prezzi restano elevate. Infatti nonostante gli interventi da parte del governo, l’inflazione alimentare è cresciuta anche questa settimana del 18%: tra i fattori scatenanti dell’impennata dei prezzi giocano un ruolo di primo piano un sistema di distribuzione inefficiente nel Paese (la viabilità è compromessa dalle pessime condizioni delle strade e mancano mezzi in grado di conservare i cibi) e il fatto che la domanda è superiore all’offerta (si tratta di una popolazione di oltre 1.1 miliardo di persone con dei ritmi di crescita annui pari all’1.3%). Inoltre le piogge di novembre hanno distrutto i raccolti di uno degli alimenti che si trova alla base dell’alimentazione indiana, ovvero la cipolla: si sono registrate perdite fino all’80% della produzione e di conseguenza il prezzo delle cipolle è triplicato divenendo in questo modo un prodotto non più accessibile alla maggior parte della popolazione. Al fine di diminuire il costo dei prodotti alimentari, il governo ha varato una serie di misure, tra cui il divieto di esportare cipolle, la diminuzione dei dazi sull’importazione e una richiesta d’aiuto al Pakistan. Al momento l’India presenta il tasso di inflazione alimentare più elevato tra le maggiori economie asiatiche, anche se altri Paesi emergenti come la Cina e il Brasile stanno lottando contro l’aumento dei prezzi. Ciò che preoccupa maggiormente le economie di questi Paesi è l’aumento dell’inflazione dei prodotti no-food, cresciuta in India del 31.58% a metà febbraio, contro il 13.94% registrato nello stesso periodo l’anno scorso.
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