In seguito alla recente catastrofe giapponese, l’India riconsidera la sicurezza dei suoi impianti nucleari.
In India sono attivi 20 reattori nucleari in sei centrali e cinque centrali sono in corso di realizzazione per l’approvvigionamento di energia elettrica: proprio per questo motivo il primo ministro indiano Manmohan Singh in un messaggio al Parlamento di Nuova Delhi, ha trattato il problema relativo al sistema di controllo della sicurezza delle centrali atomiche presenti nel Paese alla luce della tragedia che ha colpito il Giappone. L’India infatti presenta alcune analogie in termini di rischio con il Giappone: il sovrappopolamento della potenza asiatica, che conta 1.200.000.000 abitanti, comporta una densità abitativa elevatissima, ovvero 400 persone per chilometro quadrato: questo comporta il fatto di non avere alcuna difesa contro gli tsunami, visto che proprio lungo le zone costiere sono collocate le maggiori centrali nucleari e si registra il più alto numero di infrastrutture ed insediamenti abitativi e industriali. Inoltre una parte consistente del territorio indiano comprende zone altamente sismiche a causa della collisione di due placche tettoniche. Nonostante le preoccupazioni, i responsabili della Nuclear Power Corporation of India (NPCIL) hanno puntualizzato che le centrali atomiche in India dispongono dei più elevati sistemi di protezione valutati sulla base di standard internazionali e hanno già dimostrato di poter reggere a grandi catastrofi naturali: l’ex presidente della Commissione per l’Energia Atomica, Srinivasan, ha sottolineato che “gestiamo reattori nucleari da più di quarant’anni e sono sicuri”, puntualizzando che le centrali sono state costruite in aree in cui non ci sono rischi di forti terremoti.
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