Sbagliando s’impara, tanto più quando si affrontano i mercati internazionali per la prima volta o sottovalutando le loro peculiarità.
Recenti studi hanno messo in evidenza i punti di debolezza delle aziende italiane che attuano una politica di internazionalizzazione; tra le maggiori cause all’origine del fallimento di importanti e conosciute aziende del Belpaese nei mercati emergenti, ed in particolare in India, si trova la non-conoscenza del mercato. Questa espressione indica in primis la mancanza di analisi approfondite relative alla situazione socio-demografica del Paese preso in considerazione, alle abitudini di consumo e pagamento relative al Paese obiettivo e allo stadio del ciclo di vita e di innovazione del prodotto nel Paese target. Queste situazioni rischiano di offuscare l’idea dell’impresa, portandola a portare sul mercato un prodotto troppo innovativo, che non tiene conto delle usanze locali e che proprio per questo motivo non viene acquistato dai consumatori. Altri casi riguardano poi quelle imprese che esportano dei prodotti italiani di bassa qualità, non considerando il fatto che il made in Italy è concepito nei Paesi emergenti come un prodotto di elevata qualità e di conseguenza con un prezzo elevato. La mancanza di figure professionali competenti segna un altro punto a sfavore delle nostre aziende. Il tentativo di aggredire un mercato perché presenta un tasso di crescita del PIL elevato senza conoscerlo a fondo può portare a gravi conseguenze sia in termini di perdita di denaro sia in termini di perdita di tempo: un errore commesso in questi Paesi può rivelarsi molto costoso e il processo di riacquisto della fiducia dei consumatori può richiedere molto tempo.
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