Si inaspriscono i confronti tra gli agricoltori e i governi statali indiani che stanno espropriando centinaia di villaggi agricoli con indennizzi minimi per gli agricoltori.
Attraverso l’applicazione di leggi coloniali ancora in vigore, come la Land Acquisition Act – legge risalente al 1894 che riconosce ampi poteri allo Stato a scapito della tutela delle popolazioni rurali – il governo indiano offre 300 rupie (4,59 euro) al mq agli agricoltori proprietari delle terre destinate all’esproprio e che vengono rivendute a 600mila rupie al mq per la realizzazione di complessi industriali e quartieri residenziali.
I governi statali hanno bisogno di attirare investimenti per creare strutture e posti di lavoro; al tal fine puntano sulla creazione di Zone Economiche Speciali, sulla cessione o l’affitto del terreno a basso prezzo e su massicce esenzioni fiscali. Tuttavia, il 65% della popolazione indiana è ancora dipendente dalla terra su cui costruisce la propria casa e da cui trae sostentamento; tale situazione ha inevitabilmente portato gli agricoltori a “scendere in piazza” per la scarsa considerazione delle loro esigenze: l’indennizzo che viene loro offerto non è considerato sufficiente per compensare con la perdita della propria casa, delle coltivazioni e dei rapporti sociali instaurati. Lo Stato, nella maggior parte dei casi, privilegia le esigenze della produzione e invia la polizia che è autorizzata a stroncare, anche in modo violento, le proteste.
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