La battaglia tra la macchina da scrivere e il computer è arrivata al capolinea questa settimana: la Godrej and Boyce di Mumbai, l’ultima fabbrica al mondo che produceva macchine da scrivere, ha chiuso i battenti.
L’epoca della scrittura a macchina iniziata con l’invenzione della macchina da scrivere da parte dell’italiano Giuseppe Ravizza nel 1846, cede il passo all’era tecnologica introdotta dai computer negli anni ’90. A partire dalla loro introduzione sul mercato e dalla loro veloce espansione, i computer hanno cominciato a sostituire la macchina da scrivere, considerata oggigiorno più come un pezzo di antiquariato e da collezionisti, che per la sua funzione. Da quando i computer sono stati introdotti sul mercato, le vendite di macchine da scrivere hanno subito un brusco calo, alimentato dall’abbassamento del prezzo dei computer legato al boom economico. Se in Occidente le macchine da scrivere sono state lentamente abbandonate a partire dagli anni Novanta, in India il loro commercio ha retto fino a pochi anni fa, soprattutto negli uffici pubblici, presso le forze di sicurezza e nei tribunali. Il manager della Godrej and Boyce, Milind Dukle, ha infatti sottolineato che se fino a una ventina d’anni fa si riuscivano a vendere circa 50.000 pezzi l’anno sul mercato indiano, a partire dal 2000 questa cifra è scesa a 10-12.000 unità fino a raggiungere il minimo storico l’anno scorso, quando ne sono state vendute meno di 800. Mentre gli altri produttori si sono ritirati dal mercato molti anni fa, la Godrej and Boyce ha continuato a lavorare, ma il contesto attuale dominato dai computer ha spinto l’azienda a rivalutare la propria produzione: se i primi esemplari introdotti in India negli anni Cinquanta furono accolti dal primo ministro di allora Jawaharlal Neru come il “simbolo dell’indipendenza industriale dell’India”, il loro ruolo negli anni è profondamente mutato.
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