Ultima tappa della battaglia legale tra il colosso farmaceutico e il governo di New Delhi. La parola passa alla Corte Suprema.
Alla base della disputa risiede il diritto, rivendicato da Novartis, di brevettare nel Subcontinente un medicinale anti-tumore, il Glivec. I giudici indiani si erano già espressi la prima volta nel 2007, respingendo la richiesta della casa farmaceutica svizzera, sostenendo che la formulazione del medicinale non era nuova. Secondo la Corte indiana il farmaco sarebbe stato sottoposto al così detto evergreening: una tecnica diffusa tra molte aziende farmaceutiche per elaborare leggere variazioni dei medicinali per brevetti in scadenza, così da ottenerne di nuovi e garantire l'estensione del loro monopolio. La sentenza non è stata però sufficiente a fermare Novartis che ha proseguito l’azione legale, giungendo oggi alla Corte Suprema.
Il caso giudiziario ha sollevato un’enorme mobilitazione, in primis di Medici senza Frontiere che, attraverso la campagna “Stop Novartis”, sta premendo per il ritiro della causa da parte della multinazionale. La posta in gioco d’altronde è elevata poiché si tratterebbe di garantire l’accesso ai farmaci a milioni di indigenti al mondo. Grazie infatti alla sua produzione di versioni generiche a basso costo di medicinali, l’India si è guadagnata l'etichetta di “farmacia dei paesi in via di sviluppo”. Basti pensare che l’80% dei farmaci contro l’HIV proviene dal subcontinente indiano e che la sua presenza a sul mercato ha consentito l’abbassamento del loro prezzo del 99% dal 2000 ad oggi. Dal canto suo, Novartis smentisce le accuse, dichiarando di puntare solo al riconoscimento dei diritti di proprietà intellettuale tutelati da accordi internazionali. Ai giudici l’ardua sentenza.
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