New Delhi ha deciso di rivedere le misure di stimolo all’economia approvate per far fronte alla crisi economica internazionale e auspica di consolidare una crescita del Prodotto interno lordo annua del 9% entro marzo 2011. Nell’anno finanziario conclusosi a marzo 2009 l’economia indiana è cresciuta del 6,7%, e, secondo le previsioni degli esperti, per marzo 2010 la crescita dovrebbe attestarsi intorno al 7,2/7,5%.
Secondo il Ministro delle Finanze indiano Pranab Mukherjee, ora è importante tenere sotto controllo debito, spesa pubblica e l’inflazione (attualmente al 15%). Alcune delle clausole previste dal pacchetto studiato dal Governo indiano sembrano favorire gli interessi della media borghesia e dei grandi industriali, a scapito delle necessità della maggioranza del Paese; tale fattore comporta il rischio che si acuiscano i problemi di redistribuzione del reddito di cui l’India già soffre da tempo: le tasse sui consumi e sui prodotti derivati dal petrolio sono aumentate del 2%, misure che contribuiscono notevolmente alla crescita dell’indice dei prezzi al consumo, già in rialzo del 9%. Inoltre, anche i prezzi degli alimentari sono aumentati a dismisura: il prezzo del riso è cresciuto del 18%, quello della frutta del 40%, il costo delle patate del 100% e quello dello zucchero, addirittura, del 200%.
Secondo l’economista Jim Walker, il piano di stimolo all’economia approvato da New Delhi per far fronte alla crisi metterebbe il subcontinente al riparo dai rischi di non sostenibilità che invece sembrano minacciare, per esempio, la Cina: mentre Pechino è riuscita a mantenere un alto livello di crescita grazie a massicci incentivi fiscali e alla costruzione di nuove infrastrutture – tenendo in scarsa considerazione la bolla speculativa che minaccia il settore immobiliare e le inefficienze del sistema bancario – l’India ha mantenuto un buon livello di affabilità del sistema bancario nazionale, scartando la strada del credito facile e, conseguentemente, prevenendo il rischio di bolle speculative. Tuttavia, sebbene l’economia indiana, potendo contare su un consumo interno che contribuisce al 57% del PIL, non sia molto dipendente dall’andamento dei mercati internazionali, risente dei gravi problemi di deficit di bilancio che spesso non consento al Paese di investire in interventi strutturali indispensabili per il suo sviluppo.
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