Il mercato crocieristico indiano fino ad oggi ha compreso solamente il Sud-Est asiatico e gli Emirati, per il mercato di massa, e il Mediterraneo e il Mare del Nord, per i viaggiatori più sofisticati. Tale business però ha cominciato a crescere del 10-15% all’anno, un dato che rende plausibile l’ipotesi che possa svilupparsi anche nelle acque dell’Oceano Indiano.
Nonostante la presenza di 7.500 chilometri di coste, in India le vacanze in nave si sono sempre svolte sui grandi fiumi del nord, nelle backwaters del Kerala o sulle navi-casinò ancorate al largo del lago di Goa. Ora, la società di navigazione Luis Cruises India ha in programma di salpare dalle coste del Kerala con una crociera per le Maldive ogni mercoledì e una tutte le domeniche per lo Sri Lanka, utilizzando come base di partenza il porto di Kochi. La compagnia greco-cipriota ha l’obiettivo di portare dai 30 ai 40 mila passeggeri all’anno.
Tuttavia, prima che i grandi gruppi mondiali possano approfittare appieno del boom economico del Subcontinente e della crescente propensione a viaggiare dei suoi ceti medio-alti, passerà del tempo, perché, purtroppo, il mercato croceristico del Subcontinente non è ancora opportunamente supportato a livello fiscale e infrastrutturale. A bordo delle navi, anche relativamente a quelle dirette all’estero, si devono pagare le tasse locali fino a 200 miglia dalla costa, mentre i porti, non essendo ancora in grado di ospitare grandi imbarcazioni e di garantire operazioni di imbarco e disimbarco agevoli, sono carenti a livello infrastrutturale e non stanno crescendo in modo adeguato: a marzo 2010 saranno in grado di gestire solo 743 milioni di tonnellate di merci all’anno contro il miliardo abbondante previsto nel piano di sviluppo.
venerdì 29 gennaio 2010
martedì 26 gennaio 2010
India: interessanti prospettive di business soprattutto per le imprese di costruzioni
Il Tasso di crescita del PIL indiano, che oggi si aggira intorno al 7,1, attesta che l’India è attualmente una delle economie in più rapida crescita al mondo e uno dei paesi con le maggiori potenzialità di sviluppo negli anni avvenire.
Le prospettive economiche, una forte democrazia, la disponibilità di manodopera qualificata e specializzata a costi contenuti, la domanda interna in continua crescita, le riforme avviate dal governo indiano e i massicci investimenti che ha destinato allo sviluppo delle infrastrutture rendono l’India una delle mete più attraenti per gli investimenti stranieri, quindi, un’ottima opportunità anche per le imprese italiane. Il settore italiano delle costruzioni realizza il 50% del fatturato all’estero, tuttavia, attualmente solo l’1,4% delle commesse proviene dal continente asiatico, mentre il restante il 75% proviene da Africa e Sudamerica.
Cesare Sacconi, managing director di Icmq India – l’organismo di certificazione di prodotti e servizi per le costruzioni - si chiede per quale motivo molte delle imprese italiane di costruzioni non abbiano ancora investito in India, dove, entro la fine dell’anno fiscale 2011-2012, sono in programma flussi per 300 miliardi di euro verso strade, ferrovie, aeroporti e sistemi di irrigazione. Inoltre, accanto alle prospettive per insediamenti di tipo produttivo, il mercato indiano offre interessanti opportunità di business anche per l’insediamento di filiali commerciali, joint venture e progetti retail.
Per avviare un’impresa industriale o un’attività commerciale in un mercato straniero è opportuno conoscerne il contesto socio-culturale, le normative, i processi e le competenze disponibili sul territorio:
trattandosi di un paese con un diritto di derivazione anglosassone, l’India offre anche il vantaggio di normative tecniche che non si discostano molto da quelle europee e la possibilità di collaborare con soci che parlano inglese.
Le prospettive economiche, una forte democrazia, la disponibilità di manodopera qualificata e specializzata a costi contenuti, la domanda interna in continua crescita, le riforme avviate dal governo indiano e i massicci investimenti che ha destinato allo sviluppo delle infrastrutture rendono l’India una delle mete più attraenti per gli investimenti stranieri, quindi, un’ottima opportunità anche per le imprese italiane. Il settore italiano delle costruzioni realizza il 50% del fatturato all’estero, tuttavia, attualmente solo l’1,4% delle commesse proviene dal continente asiatico, mentre il restante il 75% proviene da Africa e Sudamerica.
Cesare Sacconi, managing director di Icmq India – l’organismo di certificazione di prodotti e servizi per le costruzioni - si chiede per quale motivo molte delle imprese italiane di costruzioni non abbiano ancora investito in India, dove, entro la fine dell’anno fiscale 2011-2012, sono in programma flussi per 300 miliardi di euro verso strade, ferrovie, aeroporti e sistemi di irrigazione. Inoltre, accanto alle prospettive per insediamenti di tipo produttivo, il mercato indiano offre interessanti opportunità di business anche per l’insediamento di filiali commerciali, joint venture e progetti retail.
Per avviare un’impresa industriale o un’attività commerciale in un mercato straniero è opportuno conoscerne il contesto socio-culturale, le normative, i processi e le competenze disponibili sul territorio:
trattandosi di un paese con un diritto di derivazione anglosassone, l’India offre anche il vantaggio di normative tecniche che non si discostano molto da quelle europee e la possibilità di collaborare con soci che parlano inglese.
venerdì 22 gennaio 2010
Prodotti high-tech: i big spender del settore sono gli indiani
Cina, India, Brasile e buona parte dell’Asean non hanno subito le gravi conseguenze che la “grande crisi” ha portato con se in altri paesi e, pertanto, non hanno nemmeno registrato un preoccupante calo dei consumi, soprattutto per quanto riguarda quelli di fascia alta.
Particolarmente interessanti sono i dati relativi alle spese dei consumatori per gli acquisti high-tech che emergono dallo studio ‹‹Consumer electronics products and service usage›› effettuato da Accenture, che fotografa il trend degli acquisti della classe media in quattro paesi industrializzati (Stati Uniti, Francia, Germania, Germania e Giappone) e in quattro emergenti (India, Cina, Singapore, Malaysia): nel 2009, anno in cui si è registrata una frenata da parte delle economie “mature”, la spesa per l’acquisto di prodotti di elettronica di consumo è aumentata di 42 miliardi di dollari, raggiungendo il valore globale di 700 miliardi. Tale cifra è stata raggiunta grazie alla domanda proveniente dai paesi emergenti, dove sono aumentate considerevolmente le vendite di telefonini, notebook, console portatili per videogame, per navigare online e i lettori multimediali; tutti prodotti per cui si spendono quote di reddito superiori agli standard occidentali.Lo studio ha rilevato che i big spender dell’high-tech sono gli indiani: il 77% del campione dichiara di aver speso oltre 500 dollari, mentre quasi il 20% afferma di aver superato i 3000 dollari. In Occidente tale quota è raggiunta solo dal 6% del campione e la spesa di un altro terzo è inferiore a 500 dollari.
Particolarmente interessanti sono i dati relativi alle spese dei consumatori per gli acquisti high-tech che emergono dallo studio ‹‹Consumer electronics products and service usage›› effettuato da Accenture, che fotografa il trend degli acquisti della classe media in quattro paesi industrializzati (Stati Uniti, Francia, Germania, Germania e Giappone) e in quattro emergenti (India, Cina, Singapore, Malaysia): nel 2009, anno in cui si è registrata una frenata da parte delle economie “mature”, la spesa per l’acquisto di prodotti di elettronica di consumo è aumentata di 42 miliardi di dollari, raggiungendo il valore globale di 700 miliardi. Tale cifra è stata raggiunta grazie alla domanda proveniente dai paesi emergenti, dove sono aumentate considerevolmente le vendite di telefonini, notebook, console portatili per videogame, per navigare online e i lettori multimediali; tutti prodotti per cui si spendono quote di reddito superiori agli standard occidentali.Lo studio ha rilevato che i big spender dell’high-tech sono gli indiani: il 77% del campione dichiara di aver speso oltre 500 dollari, mentre quasi il 20% afferma di aver superato i 3000 dollari. In Occidente tale quota è raggiunta solo dal 6% del campione e la spesa di un altro terzo è inferiore a 500 dollari.
martedì 19 gennaio 2010
L’India al secondo posto nel Nielsen Global Consumer Confidence Index
Secondo gli esiti del Nielsen Global Consumer Confidence Index – sondaggio che misura la fiducia dei consumatori, le principali preoccupazioni e le abitudini di spesa di circa 30.000 utenti internet in 54 Paesi – l’ India sarebbe uno dei paesi in cui il consumatore è più propenso al consumo: rispetto al trimestre precedente la fiducia dei consumatori in India è aumentata di ben 8 punti, di 6 punti in Cina e di 4 punti in Russia.
Nell’ultimo trimestre del 2009, i consumatori indiani si sono rivelati i piu’ fiduciosi in una ripresa economica piena nell’arco di un anno; gli indiani si sono inoltre rivelati ottimisti in merito alle prospettive di lavoro nel 2010: il 17% e’ convinto che saranno eccellenti nel 2010 e il 66% che saranno buone nei prossimi 12 mesi. Nel corso del 2009, gli indiani si sono rivelati preoccupati, solamente per l’aumento dei prezzi alimentari.
Grazie al “fattore-ottimismo” la ripresa dalla crisi economica in India si sta dimostrando più rapida rispetto agli altri paesi del mondo.
Il Globally Consumer Confidence invece è rimasto stabile all’87%: relativamente ad esso, l’India, con 117 punti nell’ultimo quadrimestre dello scorso anno, si è posizionata seconda, preceduta dall’Indonesia con 119 punti e seguita da Hong Kong, Cina, Singapore e Brasile, gli altri paesi in cui è riemerso l’interesse all’acquisto da parte di numerosi consumatori.
La popolazione indiana è costituita da più di un miliardo di persone, di cui il 65% sono di età inferiore ai trent’anni; 300 milioni appartengono alla classe media che ha già un sostanziale potere d’acquisto, un fattore in graduale aumento anche per i restanti 700 milioni. A livello di potere d’acquisto, l’India è preceduta, con poco scarto, solo da Stati Uniti, Cina e Giappone.
Anche l’andamento del Prodotto Interno Lordo indiano (PIL) è piuttosto positivo: secondo il Centro di Controllo Economia indiana (CMIE), dovrebbe crescere del 7,1% entro la fine del 2010.
Nell’ultimo trimestre del 2009, i consumatori indiani si sono rivelati i piu’ fiduciosi in una ripresa economica piena nell’arco di un anno; gli indiani si sono inoltre rivelati ottimisti in merito alle prospettive di lavoro nel 2010: il 17% e’ convinto che saranno eccellenti nel 2010 e il 66% che saranno buone nei prossimi 12 mesi. Nel corso del 2009, gli indiani si sono rivelati preoccupati, solamente per l’aumento dei prezzi alimentari.
Grazie al “fattore-ottimismo” la ripresa dalla crisi economica in India si sta dimostrando più rapida rispetto agli altri paesi del mondo.
Il Globally Consumer Confidence invece è rimasto stabile all’87%: relativamente ad esso, l’India, con 117 punti nell’ultimo quadrimestre dello scorso anno, si è posizionata seconda, preceduta dall’Indonesia con 119 punti e seguita da Hong Kong, Cina, Singapore e Brasile, gli altri paesi in cui è riemerso l’interesse all’acquisto da parte di numerosi consumatori.
La popolazione indiana è costituita da più di un miliardo di persone, di cui il 65% sono di età inferiore ai trent’anni; 300 milioni appartengono alla classe media che ha già un sostanziale potere d’acquisto, un fattore in graduale aumento anche per i restanti 700 milioni. A livello di potere d’acquisto, l’India è preceduta, con poco scarto, solo da Stati Uniti, Cina e Giappone.
Anche l’andamento del Prodotto Interno Lordo indiano (PIL) è piuttosto positivo: secondo il Centro di Controllo Economia indiana (CMIE), dovrebbe crescere del 7,1% entro la fine del 2010.
mercoledì 13 gennaio 2010
In India prezzi alimentari alle stelle
I prezzi all’ingrosso dei generi alimentari che si registravano negli ultimi giorni dello scorso anno sono incrementati poco meno del 20% rispetto allo stesso periodo del 2008. Per riportare qualche dato a titolo d’esempio: il prezzo delle verdure è aumentato del 41,09%, quello dei legumi del 40,1%, mentre quello delle patate è più che raddoppiato. Tale impennata va attribuita a fattori congiunturali e strutturali: per quanto riguarda i primi, va considerato che l’ultimo monsone è stato il più avaro di precipitazioni degli ultimi 37 anni; i secondi, invece, sono connessi al profondo stato di arretratezza in cui versa l’agricoltura indiana e al tortuoso e poco trasparente sistema distributivo attraverso cui i prodotti alimentari arrivano ai consumatori.
Lo stato indiano continua a giocare un ruolo predominante nello stabilire i prezzi delle derrate alimentari: negli ultimi venti anni, dall’inizio delle riforme economiche, il governo indiano ha ciclicamente spinto i contadini ad abbandonare certe coltivazioni a favore di altre, garantendo loro prezzi più alti perché ne aumentassero la produzione. Al contempo, il mondo politico presta grande attenzione anche alle proteste che si levano da commercianti e grossisti ogni volta che ci sono dei tentativi di modernizzare le reti distributive, assecondando chi si sentiva minacciato da modelli di business più avanzati ed efficienti e contribuendo così a mantenere una catena distributiva lunga, antiquata e poco trasparente.
Lo stato indiano continua a giocare un ruolo predominante nello stabilire i prezzi delle derrate alimentari: negli ultimi venti anni, dall’inizio delle riforme economiche, il governo indiano ha ciclicamente spinto i contadini ad abbandonare certe coltivazioni a favore di altre, garantendo loro prezzi più alti perché ne aumentassero la produzione. Al contempo, il mondo politico presta grande attenzione anche alle proteste che si levano da commercianti e grossisti ogni volta che ci sono dei tentativi di modernizzare le reti distributive, assecondando chi si sentiva minacciato da modelli di business più avanzati ed efficienti e contribuendo così a mantenere una catena distributiva lunga, antiquata e poco trasparente.
venerdì 8 gennaio 2010
La moda made in Italy comincia a farsi strada anche in India
La prossima primavera, quando sarà trascorso circa un anno dalla data inizialmente prevista per il lancio dei due brand italiani, in India si potranno vedere i primi negozi con il marchio Diesel (a Mumbai e a Bangalore) e Paul & Shark (a New Delhi).
In seguito alla crisi dei mutui negli Stati Uniti i prezzi degli affitti commerciali hanno cominciato ad abbassarsi: il costo degli affitti dei negozi di Linking Road, una delle vie commerciali più costose di Mumbai, sono scesi notevolmente, passando da 8-9000 rupie mensili al piede quadrato (128-143 euro al metro quadro) a 400-450 rupie. Per tale ragione, e considerando che i contratti commerciali in India durano 9 anni, la Reliance Brands - partner indiano di entrambe le joint venture – ha deciso di temporeggiare e posticipare l’apertura degli esercizi commerciali per ottenere un vantaggio sul lungo periodo.
Darshan Mehta, presidente e chief executive officer di Reliance Brands, avverte però che, sebbene il mercato indiano sia indubbiamente interessante, è bene rimanere prudenti sulle prospettive che può offrire per i prodotti premium o di lusso come quelli realizzati da molte case italiane della moda, in quanto, attualmente, tale mercato richiede pazienza e rimane piccolo, non solo in termini di potenziali clienti, ma anche relativamente alla disponibilità di spazi commerciali.
In seguito alla crisi dei mutui negli Stati Uniti i prezzi degli affitti commerciali hanno cominciato ad abbassarsi: il costo degli affitti dei negozi di Linking Road, una delle vie commerciali più costose di Mumbai, sono scesi notevolmente, passando da 8-9000 rupie mensili al piede quadrato (128-143 euro al metro quadro) a 400-450 rupie. Per tale ragione, e considerando che i contratti commerciali in India durano 9 anni, la Reliance Brands - partner indiano di entrambe le joint venture – ha deciso di temporeggiare e posticipare l’apertura degli esercizi commerciali per ottenere un vantaggio sul lungo periodo.
Darshan Mehta, presidente e chief executive officer di Reliance Brands, avverte però che, sebbene il mercato indiano sia indubbiamente interessante, è bene rimanere prudenti sulle prospettive che può offrire per i prodotti premium o di lusso come quelli realizzati da molte case italiane della moda, in quanto, attualmente, tale mercato richiede pazienza e rimane piccolo, non solo in termini di potenziali clienti, ma anche relativamente alla disponibilità di spazi commerciali.
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