All’indomani de meeting di Pounjab tra operatori indiani e italiani, è positivo il riscontro di FederUnacoma. Il caso marò non scalfisce le relazioni industriali tra i due Paesi.
“Piena sintonia sul piano tecnico ed economico, ma anche sul piano culturale ed umano”. Con questo commento il Presidente di FederUnacoma, Massimo Goldoni, chiude la “tre giorni” dedicata alla presentazione, agli operatori locali di settore, delle tecnologie made in Italy per le lavorazioni agricole. La manifestazione promozionale organizzata dallo Stato del Punjab, Regione Emilia Romagna, Federazione delle Camere di Commercio e Industria dell’India FICCI e Federazione delle industrie italiane costruttrici di macchine agricole FederUnacoma, si è infatti conclusa con successo, lo scorso 17 marzo, attirando circa 250 mila visitatori.
Altrettanto ottimistiche sono le previsioni di Goldoni sull’evoluzione dei rapporti diplomatici italo-indiani: “Sono certo che le tensioni fra i governi legate alla vicenda dei militari italiani saranno presto superate – ha dichiarato - e che si troverà una soluzione soddisfacente per entrambe le parti, perché le relazioni con l’India sono basate non soltanto su un reciproco interesse alla cooperazione tecnica ed economica ma anche su un ottimo feeling sul piano culturale ed umano”. “Come FederUnacoma collaboriamo in modo stretto con la FICCI da alcuni anni – ha aggiunto il Presidente di FederUnacoma– e abbiamo ormai una grande sintonia per lo sviluppo di una meccanizzazione che possa conciliare le esigenze di produttività con quelle di salvaguardia delle risorse naturali, e che rispetti il modello di impresa agricola che il Paese intende sviluppare in questa fase così dinamica e importante della sua storia”.
mercoledì 20 marzo 2013
giovedì 14 marzo 2013
Caso Marò: a rischio le relazione con l’India
La Corte Suprema indiana comunica all’ambasciatore italiano di non lasciare il Paese e di fornire entro il 18 marzo una spiegazione circa la decisione di Roma. Duri gli avvertimenti del premier Singh.
Sempre più tesi i rapporti italo indiani a causa del mancato rientro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò accusati di aver ucciso due pescatori durante un servizio di antipirateria su una nave italiana. È di poche ore fa l’ordinanza lanciata all’ambasciatore Mancini di non lasciare l'India prima dell’udienza fissata dalla Corte Suprema Indiana, cioè il 19 marzo. Al diplomatico, che aveva firmato davanti alla Corte una dichiarazione giurata a garanzia del ritorno dei Marò in India alla scadenza del permesso elettorale, è ora richiesto di fornire, entro il 18 marzo, una spiegazione circa la decisione di Roma. Se non è ancora chiaro il riconoscimento o meno dell’immunità diplomatica per Mancini, non lasciano dubbi gli ammonimenti del primo ministro Manmohan Singh. Il Premier indiano ha rinnovato infatti, prima su twitter e poi in Parlamento, le sue proteste: “Devono mantenere fede alla loro parola” e avverte che, se ciò non avverrà, ci “saranno conseguenze sulle nostre relazioni con l’Italia”. Oltre ai rapporti bilaterali preoccupano anche le eventuali ripercussioni sulle relazioni commerciali tra i due Paesi. Come evidenzia la Sace, in India sono presenti circa 400 aziende italiane, con 1,11 miliardi di dollari di investimenti diretti che pongono l'Italia al settimo posto tra gli investitori UE, preceduta da Regno Unito, Germania, Olanda, Cipro, Francia e Spagna. Tra le più importanti realtà che operano nel subcontinente si annoverano: Eni, Fiat, Luxottica, Merloni, Piaggio, Tecnimont, Pirelli, Italcementi, Techint, Perfetti Van Melle, Luxottica, Carraro, STmicroelectronics e Generali.
Sempre più tesi i rapporti italo indiani a causa del mancato rientro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò accusati di aver ucciso due pescatori durante un servizio di antipirateria su una nave italiana. È di poche ore fa l’ordinanza lanciata all’ambasciatore Mancini di non lasciare l'India prima dell’udienza fissata dalla Corte Suprema Indiana, cioè il 19 marzo. Al diplomatico, che aveva firmato davanti alla Corte una dichiarazione giurata a garanzia del ritorno dei Marò in India alla scadenza del permesso elettorale, è ora richiesto di fornire, entro il 18 marzo, una spiegazione circa la decisione di Roma. Se non è ancora chiaro il riconoscimento o meno dell’immunità diplomatica per Mancini, non lasciano dubbi gli ammonimenti del primo ministro Manmohan Singh. Il Premier indiano ha rinnovato infatti, prima su twitter e poi in Parlamento, le sue proteste: “Devono mantenere fede alla loro parola” e avverte che, se ciò non avverrà, ci “saranno conseguenze sulle nostre relazioni con l’Italia”. Oltre ai rapporti bilaterali preoccupano anche le eventuali ripercussioni sulle relazioni commerciali tra i due Paesi. Come evidenzia la Sace, in India sono presenti circa 400 aziende italiane, con 1,11 miliardi di dollari di investimenti diretti che pongono l'Italia al settimo posto tra gli investitori UE, preceduta da Regno Unito, Germania, Olanda, Cipro, Francia e Spagna. Tra le più importanti realtà che operano nel subcontinente si annoverano: Eni, Fiat, Luxottica, Merloni, Piaggio, Tecnimont, Pirelli, Italcementi, Techint, Perfetti Van Melle, Luxottica, Carraro, STmicroelectronics e Generali.
giovedì 7 marzo 2013
L’India veste all'occidentale
I grandi brand puntano al mercato dell’abbigliamento indiano che, secondo le stime, crescerà a ritmi del 9-10% annui.
L’incontro delle scorse settimane tra il chief executive officer di H&M, Karl-Johan Persson e il Ministro indiano del Commercio, Anand Sharma ha rivelato una tendenza sempre più consistente tra i grandi marchi della moda: quella di affacciarsi in India. Stando alla stampa indiana infatti sia Coach che il colosso Ppr con il brand Balenciaga sono alla ricerca di partner per entrare nel subcontinente; Geox «ha individuato un distributore esclusivo che negli ultimi cinque mesi ha già aperto tre negozi a New Delhi»; Prada, pur senza avere piani di ingresso a breve, ha un «interesse prospettico» per il Paese, mentre Moschino «punta a entrare con la sua prima linea entro settembre» attraverso un franchising e aperture su Delhi e Mumbai. Grazie all’allentamento delle norme che regolano gli investimenti diretti all’estero nel settore retail e dopo una stagione di joint-venture poco proficue, i brand occidentali sembrano aver individuato i partner locali adatti.
Secondo le stime della società di consulenza globale A.T.Kearney, il mercato indiano dell'abbigliamento crescerà al ritmo del 9-10% annuo per il prossimo quinquennio. Le previsioni corrispondono a quelle di Technopak, una società indiana di consulenza specializzata nel settore retail, che stima per il mercato "worldwear" indiano (abbigliamento non tradizionale) un valore, nel 2017, di 39 miliardi di dollari rispetto ai 25 dello scorso anno.
«I margini di crescita più robusti per i player stranieri - sottolinea Arvind K. Singhal, presidente di Technopak - li vedo nel mercato femminile: nelle borse, dove l'India non produce nulla di paragonabile agli status symbol occidentali, nelle scarpe che localmente continuano a essere prodotte per i vestiti tradizionali e nell'abbigliamento perché al momento non ci sono player locali che facciano abiti occidentali». La quota di mercato del worldwear femminile, secondo Technopak, è destinata a salire dal 15% al 17% del totale, con un incremento medio annuo del 12%, superiore al settore maschile (+7%) e bambino (+11%).
L’incontro delle scorse settimane tra il chief executive officer di H&M, Karl-Johan Persson e il Ministro indiano del Commercio, Anand Sharma ha rivelato una tendenza sempre più consistente tra i grandi marchi della moda: quella di affacciarsi in India. Stando alla stampa indiana infatti sia Coach che il colosso Ppr con il brand Balenciaga sono alla ricerca di partner per entrare nel subcontinente; Geox «ha individuato un distributore esclusivo che negli ultimi cinque mesi ha già aperto tre negozi a New Delhi»; Prada, pur senza avere piani di ingresso a breve, ha un «interesse prospettico» per il Paese, mentre Moschino «punta a entrare con la sua prima linea entro settembre» attraverso un franchising e aperture su Delhi e Mumbai. Grazie all’allentamento delle norme che regolano gli investimenti diretti all’estero nel settore retail e dopo una stagione di joint-venture poco proficue, i brand occidentali sembrano aver individuato i partner locali adatti.
Secondo le stime della società di consulenza globale A.T.Kearney, il mercato indiano dell'abbigliamento crescerà al ritmo del 9-10% annuo per il prossimo quinquennio. Le previsioni corrispondono a quelle di Technopak, una società indiana di consulenza specializzata nel settore retail, che stima per il mercato "worldwear" indiano (abbigliamento non tradizionale) un valore, nel 2017, di 39 miliardi di dollari rispetto ai 25 dello scorso anno.
«I margini di crescita più robusti per i player stranieri - sottolinea Arvind K. Singhal, presidente di Technopak - li vedo nel mercato femminile: nelle borse, dove l'India non produce nulla di paragonabile agli status symbol occidentali, nelle scarpe che localmente continuano a essere prodotte per i vestiti tradizionali e nell'abbigliamento perché al momento non ci sono player locali che facciano abiti occidentali». La quota di mercato del worldwear femminile, secondo Technopak, è destinata a salire dal 15% al 17% del totale, con un incremento medio annuo del 12%, superiore al settore maschile (+7%) e bambino (+11%).
martedì 5 marzo 2013
L'India, il paese dei diamanti
Secondo una relazione della Rare Investment, l’India, insieme alla Cina, trainerà nei prossimi anni il mercato dei diamanti. Ma non tutti i canali di commercio sono legali.
In India cresce la domanda di diamanti e oggi più che mai vale il famoso slogan coniato dalla multinazionale De Beers “un diamante è per sempre”. Se infatti la fame di diamanti è in parte giustificata dalla crescita di miliardari in Asia, è sempre più diffusa l’abitudine occidentale di rimarcare matrimoni e fidanzamenti, regalando gioielli con diamanti. La domanda, secondo una recente relazione della Rare Investment, è in aumento sia per le pietre preziose di fascia bassa che per quelle di fascia alta e rischia di superare quella dell’oro, che nel paese è da sempre stato il bene di lusso più acquistato.
L’India è oggi il terzo acquirente di diamanti al mondo, dopo Cina e USA ma non tutto il commercio si svolge nella regolarità. Secondo una recente inchiesta del quotidiano “The Times of India” infatti, delle trentacinque tonnellate di diamanti grezzi che passano ogni anno dalla città di Surat, principale centro di lavorazione dei diamanti, meno dei due terzi arriva seguendo canali legali. La certificazione attualmente richiesta è semplice e di facile falsificazione, con il rischio che i cosiddetti “diamanti di guerra”, pietre estratte illecitamente con cui si finanziano i conflitti, siano messi in vendita da chiunque, dai piccoli ambulanti di strada allo stesso governo indiano.
In India cresce la domanda di diamanti e oggi più che mai vale il famoso slogan coniato dalla multinazionale De Beers “un diamante è per sempre”. Se infatti la fame di diamanti è in parte giustificata dalla crescita di miliardari in Asia, è sempre più diffusa l’abitudine occidentale di rimarcare matrimoni e fidanzamenti, regalando gioielli con diamanti. La domanda, secondo una recente relazione della Rare Investment, è in aumento sia per le pietre preziose di fascia bassa che per quelle di fascia alta e rischia di superare quella dell’oro, che nel paese è da sempre stato il bene di lusso più acquistato.
L’India è oggi il terzo acquirente di diamanti al mondo, dopo Cina e USA ma non tutto il commercio si svolge nella regolarità. Secondo una recente inchiesta del quotidiano “The Times of India” infatti, delle trentacinque tonnellate di diamanti grezzi che passano ogni anno dalla città di Surat, principale centro di lavorazione dei diamanti, meno dei due terzi arriva seguendo canali legali. La certificazione attualmente richiesta è semplice e di facile falsificazione, con il rischio che i cosiddetti “diamanti di guerra”, pietre estratte illecitamente con cui si finanziano i conflitti, siano messi in vendita da chiunque, dai piccoli ambulanti di strada allo stesso governo indiano.
venerdì 1 marzo 2013
Apple alla conquista dell’India
ITunes Store, Apple TV e nuovi punti vendita: l’azienda di Cupertino punta al subcontinente indiano.
Dopo il successo riscontrato sul mercato cinese che ha da poco sorpassato quello statunitense come giro d’affari, la Apple guarda all’India. Un nuovo iTunes Store, l’imminente commercializzazione di Apple TV, e la previsione di aprire entro l’anno punti vendita diretti, sono alcune delle importanti iniziative avviate recentemente nel subcontinente.
L’India rappresenta oggi uno dei mercati col maggior tasso di crescita al mondo, ed è proprio per tale motivo che l’azienda guidata da Tim Cook sta iniziando a concentrare i propri sforzi in quel Paese. La strategia di ingresso è sintetizzata dal Wall Street Journal: «Apple sta bypassando i carrier mobili per ottenere un maggior controllo sul marketing in India e per poter offrire prestiti senza interessi che irretiscano i consumatori di fascia bassa. Negli ultimi sei mesi, la società ha anche aumentato lo staff in India del 30% per un totale di 170 impiegati, oltre a prepararsi all’introduzione di altri prodotti come Apple TV che dovrebbe raggiungere i negozi nelle prossime settimane. [...] Il risultato è che Apple ha venduto più di 252.000 iPhone in India nel trimestre che si concludeva a dicembre, ovvero più del triplo dei tre mesi precedenti, secondo una ricerca di Canalys».
È da sottolineare però che, contrariamente a quanto avviene negli USA, in India gli operatori telefonici solitamente non sovvenzionano gli smartphone con degli appositi piani, dunque per acquistare un iPhone entry-level gli indiani dovranno effettuare un esborso economico di minimo 500$. Una cifra inaccessibile per le tasche dei consumatori locali che l’azienda di Cupertino dovrà necessariamente abbassare con una soluzione low cost dedicata esclusivamente ai paesi emergenti.
Dopo il successo riscontrato sul mercato cinese che ha da poco sorpassato quello statunitense come giro d’affari, la Apple guarda all’India. Un nuovo iTunes Store, l’imminente commercializzazione di Apple TV, e la previsione di aprire entro l’anno punti vendita diretti, sono alcune delle importanti iniziative avviate recentemente nel subcontinente.
L’India rappresenta oggi uno dei mercati col maggior tasso di crescita al mondo, ed è proprio per tale motivo che l’azienda guidata da Tim Cook sta iniziando a concentrare i propri sforzi in quel Paese. La strategia di ingresso è sintetizzata dal Wall Street Journal: «Apple sta bypassando i carrier mobili per ottenere un maggior controllo sul marketing in India e per poter offrire prestiti senza interessi che irretiscano i consumatori di fascia bassa. Negli ultimi sei mesi, la società ha anche aumentato lo staff in India del 30% per un totale di 170 impiegati, oltre a prepararsi all’introduzione di altri prodotti come Apple TV che dovrebbe raggiungere i negozi nelle prossime settimane. [...] Il risultato è che Apple ha venduto più di 252.000 iPhone in India nel trimestre che si concludeva a dicembre, ovvero più del triplo dei tre mesi precedenti, secondo una ricerca di Canalys».
È da sottolineare però che, contrariamente a quanto avviene negli USA, in India gli operatori telefonici solitamente non sovvenzionano gli smartphone con degli appositi piani, dunque per acquistare un iPhone entry-level gli indiani dovranno effettuare un esborso economico di minimo 500$. Una cifra inaccessibile per le tasche dei consumatori locali che l’azienda di Cupertino dovrà necessariamente abbassare con una soluzione low cost dedicata esclusivamente ai paesi emergenti.
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