Il gruppo di fast fashion svedese pianifica l’apertura di una filiale detenuta al 100% e di 50 nuovi negozi monomarca.
H&M avvia la sua penetrazione commerciale in India e prevede di investire 100 milioni di euro entro l’anno per una filiale controllata al 100% e di aprire una cinquantina di punti vendita monomarca nel paese. Un traguardo fino a poco tempo fa impensabile per le società straniere che puntavano al mercato indiano, poiché obbligate dalla legge nazionale ad associarsi con dei partner locali e a non possedere una quota superiore al 49% delle controllate. Oggi, grazie alla nuova legislazione, il vincolo è stato scavalcato e rimane solo l’obbligo, per il brand svedese, di rifornirsi di almeno il 30% del valore dei prodotti venduti nel paese, da produttori locali.
Dopo l’IKEA, il gruppo svedese, è il secondo colosso scandinavo a sbarcare in India e punta ora a raggiungere il marchio Indetex, che in partnership con Tata, è presente già da tre anni sul mercato indiano con nomi come Zara e Massimo Dutti. Sebbene infatti sia presente oggi in 49 paesi, H&M realizza ancora l’80% delle proprie vendite in Europa e solo il 6% in Asia. Lo sguardo è quindi ora rivolto ai mercati emergenti ed è previsto, entro la fine dell’anno il debutto anche in Cile e Indonesia.
martedì 30 aprile 2013
lunedì 22 aprile 2013
Riaperte 63 miniere di ferro
Dopo il blocco totale delle estrazioni, una sentenza della Corte Suprema indiana consente la riattivazione di 63 miniere nello Stato del Karnataka.
Nessun effetto dirompente ma un piccolo passo verso la ripresa del mercato del ferro. Così l’India ha salutato la recente sentenza della Corte Suprema indiana che pone fine allo stop prolungato dell’estrazione per alcune miniere del gruppo Vedanta, nello stato del Karnataka, in atto dal 2011. Le misure restrittive furono introdotte per frenare le estrazioni illegali e una serie di scandali legati alla corruzione in diversi stati indiani. Di fatto si tradussero con l’azzeramento delle esportazioni del Paese che nel 2009 ammontava a 119 milioni di tonnellate di ferro l’anno.
Se 63 miniere dai prossimi giorni torneranno operative ad altre 49 è stata revocata la licenza poiché indagini hanno accertato violazioni della legge. La medesima sentenza della Corte Suprema ha altresì confermato il divieto alla ripresa dell'attività nella miniera di bauxite del gruppo Vedanta in Orissa. La semplice riattivazione delle miniere della Karnataka sarà tuttavia sufficiente per ridurre le importazioni e gradualmente tornare a soddisfare la domanda di ferro delle acciaierie locali. Riaccesa anche la speranza tra gli operatori del settore per l’attenuazione del blocco delle miniere di Goa, specializzate nell’esportazione di ferro di buona qualità.
Nessun effetto dirompente ma un piccolo passo verso la ripresa del mercato del ferro. Così l’India ha salutato la recente sentenza della Corte Suprema indiana che pone fine allo stop prolungato dell’estrazione per alcune miniere del gruppo Vedanta, nello stato del Karnataka, in atto dal 2011. Le misure restrittive furono introdotte per frenare le estrazioni illegali e una serie di scandali legati alla corruzione in diversi stati indiani. Di fatto si tradussero con l’azzeramento delle esportazioni del Paese che nel 2009 ammontava a 119 milioni di tonnellate di ferro l’anno.
Se 63 miniere dai prossimi giorni torneranno operative ad altre 49 è stata revocata la licenza poiché indagini hanno accertato violazioni della legge. La medesima sentenza della Corte Suprema ha altresì confermato il divieto alla ripresa dell'attività nella miniera di bauxite del gruppo Vedanta in Orissa. La semplice riattivazione delle miniere della Karnataka sarà tuttavia sufficiente per ridurre le importazioni e gradualmente tornare a soddisfare la domanda di ferro delle acciaierie locali. Riaccesa anche la speranza tra gli operatori del settore per l’attenuazione del blocco delle miniere di Goa, specializzate nell’esportazione di ferro di buona qualità.
mercoledì 17 aprile 2013
Auto: crollo delle vendite
Immatricolazioni calate del 6,7% segnano il peggiore risultato del settore negli ultimi 10 anni.
La locomotiva indiana frena la sua corsa e cede alla crisi economica. Almeno per quanto riguarda il settore automobilistico che chiude l’anno fiscale 2012-13 con il deludente risultato di un –6,7% nelle vendite, scese da 2,03 milioni a 1,89 milioni di unità l’anno. Il peggiore dell’ultimo decennio. Questo il bilancio della Siam, la Società Indiana dei costruttori di automobili che commenta ''L'anno e' stato cattivo e questo si vede. Tutti i fattori che hanno un impatto sul comportamento degli acquirenti (tassi d'interesse, prezzo del carburante e crisi economica) hanno avuto una tendenza negativa''. Anche il Pil indiano ha rallentato la sua esponenziale crescita attestandosi intorno alla soglia del 5% annuo. Il Presidente dell’organismo, S. Sandilya, però non dispera, anzi ipotizza già a partire dal quest’anno, una rimonta nelle vendite del 3,5%. “Non si deve dimenticare- sottolinea- che il rapporto fra vetture e popolazione e' di solo 12 ogni 1.000 abitanti'', una proporzione che lascia ben sperare per il futuro del settore.
La locomotiva indiana frena la sua corsa e cede alla crisi economica. Almeno per quanto riguarda il settore automobilistico che chiude l’anno fiscale 2012-13 con il deludente risultato di un –6,7% nelle vendite, scese da 2,03 milioni a 1,89 milioni di unità l’anno. Il peggiore dell’ultimo decennio. Questo il bilancio della Siam, la Società Indiana dei costruttori di automobili che commenta ''L'anno e' stato cattivo e questo si vede. Tutti i fattori che hanno un impatto sul comportamento degli acquirenti (tassi d'interesse, prezzo del carburante e crisi economica) hanno avuto una tendenza negativa''. Anche il Pil indiano ha rallentato la sua esponenziale crescita attestandosi intorno alla soglia del 5% annuo. Il Presidente dell’organismo, S. Sandilya, però non dispera, anzi ipotizza già a partire dal quest’anno, una rimonta nelle vendite del 3,5%. “Non si deve dimenticare- sottolinea- che il rapporto fra vetture e popolazione e' di solo 12 ogni 1.000 abitanti'', una proporzione che lascia ben sperare per il futuro del settore.
giovedì 11 aprile 2013
La moto più economica è made in India
In arrivo dalla Tata Motors la nuova moto low cost: solo 500 dollari.
Dopo l’auto più economica del mondo, sfornata dalla casa automobilistica nel 2009 al modico prezzo finale di 1600 euro, è in arrivo dalla stessa Tata la moto low cost. La due ruote più a buon mercato del mondo costerà solo 500 euro e verrà prodotta in India dal gigante giapponese della Yamaha. Il progetto è in corso di elaborazione da svariati anni presso il centro globale di ricerca e sviluppo (YMRI) di Surajpur, in Uttar Pradesh. “L’India diventerà l'hub globale per la produzione di moto a basso costo che saranno esportate in altri paesi, come l'Africa e l'America latina,” spiega il responsabile dell’YMRI, Toshikazu Kobayashi che aggiunge: ''Il nostro obiettivo e' di sviluppare il modello a piu' basso costo al mondo e i pezzi di ricambio al minor prezzo. Vogliamo arrivare ad offrire questo prodotto ad appena 500 dollari, sia per l'India che per il mercato di esportazione''. Principali destinatari, oltre i consumatori nazionali, saranno quindi i nuovi mercati africani in rapida crescita. Escluso per ora uno sbarco in Europa.
Pochi i dettagli tecnici forniti dalla filiale indiana della Yamaha, che per ora ha solo indicato la potenza del motore, non inferiore ai 100 cc.
Dopo l’auto più economica del mondo, sfornata dalla casa automobilistica nel 2009 al modico prezzo finale di 1600 euro, è in arrivo dalla stessa Tata la moto low cost. La due ruote più a buon mercato del mondo costerà solo 500 euro e verrà prodotta in India dal gigante giapponese della Yamaha. Il progetto è in corso di elaborazione da svariati anni presso il centro globale di ricerca e sviluppo (YMRI) di Surajpur, in Uttar Pradesh. “L’India diventerà l'hub globale per la produzione di moto a basso costo che saranno esportate in altri paesi, come l'Africa e l'America latina,” spiega il responsabile dell’YMRI, Toshikazu Kobayashi che aggiunge: ''Il nostro obiettivo e' di sviluppare il modello a piu' basso costo al mondo e i pezzi di ricambio al minor prezzo. Vogliamo arrivare ad offrire questo prodotto ad appena 500 dollari, sia per l'India che per il mercato di esportazione''. Principali destinatari, oltre i consumatori nazionali, saranno quindi i nuovi mercati africani in rapida crescita. Escluso per ora uno sbarco in Europa.
Pochi i dettagli tecnici forniti dalla filiale indiana della Yamaha, che per ora ha solo indicato la potenza del motore, non inferiore ai 100 cc.
martedì 2 aprile 2013
India vs Novartis: 1 a 0
L’India si conferma “la farmacia dei poveri” e segna un altro successo nella battaglia legale contro la multinazionale elvetica.
Novartis perde il ricorso in India che potrà continuare e vendere farmaci low-cost. Lo stabilisce una recente sentenza della Corte Suprema Indiana che ha respinto il ricorso presentato dal colosso svizzero. Oggetto della disputa, il brevetto di un medicinale anti cancro attualmente 'copiato' dalle aziende farmaceutiche indiane e venduto a un prezzo di gran lunga inferiore a quello dell'originale. Il Glivec, questo il nome del farmaco, secondo i giudici, non costituirebbe un’invenzione originale della casa farmaceutica bensì una mera riformulazione di un preparato contenente la stessa molecola. Si tratterebbe quindi dell’ennesimo esempio di “evergreening”, la pratica diffusa tra le multinazionali dei farmaci di “rinverdire” un prodotto già esistente e rilanciarlo nel mercato con un nuovo brevetto. Un verdetto storico, quello dei giorni scorsi, atteso da 7 anni , permetterà ai gruppi farmaceutici nazionali come Cipla e Rambaxy di continuare a produrre e commercializzare la versione generica del suddetto medicinale. Un risparmio enorme: 175 dollari per un trattamento di un mese contro i 2600 di un analogo trattamento a base di Glivec, che consentirà anche alle fasce più povere della popolazione mondiale l’accesso alle cure. Negativa ma debole la reazione di Novartis che accusa la decisione della Corte di scoraggiare “la ricerca di farmaci innovativi” nonché “di ostacolare i progressi medici nelle patologie per le quali non sono ancora disponibili opzioni terapeutiche efficaci.”
Ma il caso Novartis non è isolato e a novembre la Corte di appello indiana per i brevetti (Ipab) ha revocato un altro brevetto su un farmaco antiepatite della svizzera Roche mentre lo scorso mese a finire nel mirino dei giudici indiani è finita la tedesca Bayer, costretta ad accettare la vendita della versione low cost del Nexavar, altro costoso farmaco anti cancro.
Novartis perde il ricorso in India che potrà continuare e vendere farmaci low-cost. Lo stabilisce una recente sentenza della Corte Suprema Indiana che ha respinto il ricorso presentato dal colosso svizzero. Oggetto della disputa, il brevetto di un medicinale anti cancro attualmente 'copiato' dalle aziende farmaceutiche indiane e venduto a un prezzo di gran lunga inferiore a quello dell'originale. Il Glivec, questo il nome del farmaco, secondo i giudici, non costituirebbe un’invenzione originale della casa farmaceutica bensì una mera riformulazione di un preparato contenente la stessa molecola. Si tratterebbe quindi dell’ennesimo esempio di “evergreening”, la pratica diffusa tra le multinazionali dei farmaci di “rinverdire” un prodotto già esistente e rilanciarlo nel mercato con un nuovo brevetto. Un verdetto storico, quello dei giorni scorsi, atteso da 7 anni , permetterà ai gruppi farmaceutici nazionali come Cipla e Rambaxy di continuare a produrre e commercializzare la versione generica del suddetto medicinale. Un risparmio enorme: 175 dollari per un trattamento di un mese contro i 2600 di un analogo trattamento a base di Glivec, che consentirà anche alle fasce più povere della popolazione mondiale l’accesso alle cure. Negativa ma debole la reazione di Novartis che accusa la decisione della Corte di scoraggiare “la ricerca di farmaci innovativi” nonché “di ostacolare i progressi medici nelle patologie per le quali non sono ancora disponibili opzioni terapeutiche efficaci.”
Ma il caso Novartis non è isolato e a novembre la Corte di appello indiana per i brevetti (Ipab) ha revocato un altro brevetto su un farmaco antiepatite della svizzera Roche mentre lo scorso mese a finire nel mirino dei giudici indiani è finita la tedesca Bayer, costretta ad accettare la vendita della versione low cost del Nexavar, altro costoso farmaco anti cancro.
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