L’economia indiana, grazie ai pacchetti di stimolo e a fattori demografici, sta uscendo dalla crisi più rapidamente di altri Paesi e il tasso di crescita del PIL si è già riavvicinato al 7%. Le aziende indiane, che avevano smesso di ‘essere aggressive’ per le difficoltà a finanziarsi sui mercati internazionali, oggi, sia grazie alla performance della Borsa che in virtù dei buoni risultati registrati nelle ultime trimestrali, sono tornate ad essere finanziariamente forti.
Secondo Gautam Kumra, uno dei director di McKinsey in India, sussistono ormai le premesse per un ritorno ai livelli di merger & acquisition paragonabili a quelli registrati nel 2007 e nella prima metà del 2008. Kumra prevede che, ancora una volta, gran parte delle acquisizioni indiane verso l’estero non sarà diretta agli Stati Uniti, un mercato considerato molto competitivo, ma piuttosto verso l’Europa e i mercati dei paesi BRIC. “I settori in cui mi aspetto più operazioni sono quello farmaceutico, minerario, delle telecomunicazioni e dell’oil&gas. Senza dimenticare l’automotive che si sta globalizzando rapidamente”, ha affermato Kumra. Gli esperti sono concordi nel ritenere unanime che il principale bersaglio di acquisizioni nel Subcontinente sarà il settore farmaceutico.
Prevedere se il 2010 registrerà operazioni clamorose come quelle portate a termine nei 18 mesi che hanno preceduto la crisi è difficile, tuttavia, secondo la società di analisi indiana Dealogic, New Delhi avrebbe attirato annunci di operazioni per oltre 2,8 miliardi di dollari. A oggi, quanto ad ammontare di investimenti, l’India, tra i Paesi del BRIC, è seconda solo alla Cina.
mercoledì 24 febbraio 2010
mercoledì 17 febbraio 2010
India: il ministro delle Infrastrutture punta alla modernizzazione della rete stradale per favorire l’apertura del mercato
Nel maggio 2009, Kamal Nath - una delle figure più visibili del Congress Party, considerato un peso massimo della politica nazionale - è passato dal Ministero del Commercio a quello delle Strade e dei Trasporti. Negli ultimi mesi la sua attività politica dedicata alla modernizzazione della rete stradale indiana si sta intensificando: Nath è consapevole del fatto che la credibilità dell’India come meta per gli investitori e il futuro del Paese, come centro mondiale dei servizi e del settore manifatturiero, dipende anche dal miglioramento delle condizioni della rete stradale.
All’inizio di febbraio, il governo ha stimato al 7,2% la crescita del PIL per l’anno fiscale che si chiuderà a fine marzo; Nath sostiene che nell’esercizio 2011-2012 sarà possibile tornare al 9% degli ultimi anni prima della crisi.
Metà di tutta l’attività economica indiana ruota intorno al settore delle costruzioni nel suo complesso. In una recente intervista, il ministro indiano ha affermato: "le opere infrastrutturali sono di per sé uno stimolo all’economia. Investire nelle strade consente di far nascere delle attività anche nelle regioni più arretrate e assicurare così che la nostra crescita sia inclusiva. [ …] Il nostro obiettivo è di costruire o modernizzare 7mila chilometri di strade all’anno e contribuire con 2 punti di PIL all’anno".
Nell’anno 2008-2009, più della metà dei progetti, per l’esattezza 38 su 60, non hanno ricevuto neppure un’offerta e, la scorsa estate, 150 progetti su 187 non stavano seguendo la tabella di marcia: secondo la Banca mondiale, in India la media dei ritardi è del 70% a causa dei processi relativi ai diritti di passaggio e l’acquisizione dei terreni. Nath assicura che ora sono stati studiati degli accordi di concessione, dei termini contrattuali, delle clausole rescissorie e una tempistica per l’erogazione dei contributi, il tutto per incentivare la partecipazione alle gare: "questi processi sono stati semplificati e i governi locali sono diventati molto più proattivi. I tempi sono passati da 18 a 8 mesi".
All’inizio di febbraio, il governo ha stimato al 7,2% la crescita del PIL per l’anno fiscale che si chiuderà a fine marzo; Nath sostiene che nell’esercizio 2011-2012 sarà possibile tornare al 9% degli ultimi anni prima della crisi.
Metà di tutta l’attività economica indiana ruota intorno al settore delle costruzioni nel suo complesso. In una recente intervista, il ministro indiano ha affermato: "le opere infrastrutturali sono di per sé uno stimolo all’economia. Investire nelle strade consente di far nascere delle attività anche nelle regioni più arretrate e assicurare così che la nostra crescita sia inclusiva. [ …] Il nostro obiettivo è di costruire o modernizzare 7mila chilometri di strade all’anno e contribuire con 2 punti di PIL all’anno".
Nell’anno 2008-2009, più della metà dei progetti, per l’esattezza 38 su 60, non hanno ricevuto neppure un’offerta e, la scorsa estate, 150 progetti su 187 non stavano seguendo la tabella di marcia: secondo la Banca mondiale, in India la media dei ritardi è del 70% a causa dei processi relativi ai diritti di passaggio e l’acquisizione dei terreni. Nath assicura che ora sono stati studiati degli accordi di concessione, dei termini contrattuali, delle clausole rescissorie e una tempistica per l’erogazione dei contributi, il tutto per incentivare la partecipazione alle gare: "questi processi sono stati semplificati e i governi locali sono diventati molto più proattivi. I tempi sono passati da 18 a 8 mesi".
mercoledì 10 febbraio 2010
L’India al 123° posto nell’Environmental Performance Index
È stata pubblicata nei giorni scorsi dalla Yale University e dalla Columbia University in collaborazione con il Forum economico mondiale e il Centro comune di ricerca della Commissione europea, la classifica mondiale 2010 dei Paesi secondo l'indice di sostenibilità ambientale (Environmental Performance Index - EPI).
Dati alquanto allarmanti nel campo delle politiche di lotta all’inquinamento sono emersi per quanto concerne in particolar modo i paesi asiatici con l’India, attualmente quarto produttore al mondo di gas serra, posizionata al 123° posto, molto più vicina al fondo della graduatoria (Sierra Leone al 163° posto) che ai vertici (Islanda al primo posto).
L’inquinamento in molte zone dell'India ha raggiunto ormai livelli pericolosi ed esistono numerose aree del paese dove i limiti di contaminazione della flora terrestre sono stati abbondantemente oltrepassati. Il Paese, nonostante stia puntando sull’energia solare con numerosi investimenti nelle energie rinnovabili (fotovoltaico in prima linea), risulta essere ancora schiavo del carbone.
Una situazione che il ministro dell’Ambiente indiano, Jairam Ramesh, ha ben chiara, ma che non sembra di facile soluzione come dimostra un estratto dell’intervento al vertice di Copenhagen “le nostre emissioni pro capite sono molto basse. Siamo pronti a discutere sul livello di efficienza energetico: ma dobbiamo avere un senso di realismo, che paiono non avere i Paesi sviluppati, su quello che i Paesi in via di sviluppo possono o non possono fare”.
La riduzione delle emissioni di gas serra non è un obiettivo impossibile da raggiungere, tuttavia, rispetto alle soluzioni tradizionali ad alta emissione di CO2, gli attuali prezzi di libero mercato rendono non competitive buona parte delle tecnologie rinnovabili o a maggior efficienza energetica.Questa situazione rende urgente per l’India la necessità di considerare anche le potenzialità agricole del Paese, di valorizzarne le risorse; è indispensabile costituire un modello di sviluppo che sia eco-compatibile, in quanto quello attualmente adottato rende le città indiane sempre più inquinate. Inoltre, dovrebbero essere presi provvedimenti atti a far progredire l’intera popolazione del Paese, un terzo della quale vive ancora sotto la soglia della povertà.
Dati alquanto allarmanti nel campo delle politiche di lotta all’inquinamento sono emersi per quanto concerne in particolar modo i paesi asiatici con l’India, attualmente quarto produttore al mondo di gas serra, posizionata al 123° posto, molto più vicina al fondo della graduatoria (Sierra Leone al 163° posto) che ai vertici (Islanda al primo posto).
L’inquinamento in molte zone dell'India ha raggiunto ormai livelli pericolosi ed esistono numerose aree del paese dove i limiti di contaminazione della flora terrestre sono stati abbondantemente oltrepassati. Il Paese, nonostante stia puntando sull’energia solare con numerosi investimenti nelle energie rinnovabili (fotovoltaico in prima linea), risulta essere ancora schiavo del carbone.
Una situazione che il ministro dell’Ambiente indiano, Jairam Ramesh, ha ben chiara, ma che non sembra di facile soluzione come dimostra un estratto dell’intervento al vertice di Copenhagen “le nostre emissioni pro capite sono molto basse. Siamo pronti a discutere sul livello di efficienza energetico: ma dobbiamo avere un senso di realismo, che paiono non avere i Paesi sviluppati, su quello che i Paesi in via di sviluppo possono o non possono fare”.
La riduzione delle emissioni di gas serra non è un obiettivo impossibile da raggiungere, tuttavia, rispetto alle soluzioni tradizionali ad alta emissione di CO2, gli attuali prezzi di libero mercato rendono non competitive buona parte delle tecnologie rinnovabili o a maggior efficienza energetica.Questa situazione rende urgente per l’India la necessità di considerare anche le potenzialità agricole del Paese, di valorizzarne le risorse; è indispensabile costituire un modello di sviluppo che sia eco-compatibile, in quanto quello attualmente adottato rende le città indiane sempre più inquinate. Inoltre, dovrebbero essere presi provvedimenti atti a far progredire l’intera popolazione del Paese, un terzo della quale vive ancora sotto la soglia della povertà.
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